Titolo originale: Quality Time
Paese di produzione: Paesi Bassi
Anno: 2017
Durata: 85 min.
Genere: Commedia, Drammatico
Regia: Daan Bakker
Koen partecipa a una riunione di famiglia e finge di essere pazzo di prosciutto e latte come un tempo e si ingozza fino a star male. Stefaan, fotografo amatoriale, vorrebbe registrare alcuni ricordi d’infanzia ma finisce con il cacciarsi in situazioni imbarazzanti. Per recuperare il suo senso di autostima, Kjella viaggia indietro nel tempo e si rivede bambino. Karel, invece, da bambino è stato rapito dagli alieni e torna dai suoi genitori amorevoli in una nuova e meravigliosa forma. L’insicuro invece Jef affronta la sfida di compiacere i nuovi suoceri.
Il regista olandese Daan Bakker compete a Rotterdam con cinque storie brevi e divertenti di altrettanti giovani adulti che non riescono ad abbandonare il nido familiare
Quality Time [+] è il film col quale Daan Bakker compete all’International Film Festival di Rotterdam di quest’anno, nella sezione Hivos Tiger Competition: cinque storie depresse ma divertenti che ci ricordano la comicità assurda e strampalata del Roy Anderson di Un piccione seduto su un ramo riflette sull’esistenza [+].
La prima è una storia animata, racconta di Koen, che ogni anno alla consueta riunione famigliare si ingozza di latte e prosciutto, per fare contento lo zio Ben: i clichés dei pranzi in famiglia ci sono tutti perché i pranzi di famiglia si assomigliano fra loro, lo diceva pure Tolstoj all’inizio di Anna Karenina.
Il secondo protagonista è Stefaan, anche lui ancora a casa dei genitori nonostante l’età adulta, impegnato in un improbabile corso di fotografia, che vaga per le campagne olandesi alla ricerca dei luoghi dell’infanzia: mirabili le riprese aeree dall’alto, in plongée, che ci danno il senso della misura del distacco che ha Stefaan dagli altri.
Il terzo episodio, forse quello più divertente, racconta di Kjell, della sua paura di socializzare e del tentativo di superarla tornando indietro nel tempo: non solo non ci riesce ma peggiora le cose.
Anche Karel non ha troppa fortuna, rapito dagli alieni, soffrirà dell’iper-protezione di mamma e papà, in un susseguirsi di vicende grottesche e esilaranti.
Infine c’è Jef. Jef é insicuro, ma troverà la redenzione attraverso la sua chitarra, completamente ignaro di cosa accade intorno a lui: l’iper-sensitività e l’egocentrismo possono essere patologie o cure, a seconda di come le si vuole vedere.
Nonostante il film sia diviso in episodi, il tutto ha una coerenza di fondo, e il malessere viene rappresentato in maniera tragicomica, l’umorismo un anticorpo, l’elemento chiave che ci permette di ridere della depressione senza deridere chi ne soffre. L’inventiva e la diversità di stile con cui ogni storia viene narrata ci restituisce la vivacità poetica di Daan Bakker, abile a raccontare con leggerezza il senso di insicurezza e la solitudine imperanti nella società contemporanea.
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