L’ARTE DELLA FELICITA’

Titolo originale: L’ della felicità
Nazionalità: Italia
Anno: 2013
Genere: Animazione, Spirituale, Visionario
Durata: 77 min.
Regia: Alessandro Rak 

Nello scenario di una Napoli dalle atmosfere cupe, surreali e pre-apocalittiche, si dipana la storia di Sergio, un ex divenuto tassista. Sergio ha abbandonato la musica quando suo fratello maggiore Alfredo, con il quale condivideva la stessa passione, ha lasciato Napoli per trasferirsi in India. La scoperta della vera della partenza di Alfredo condurrà Sergio a rinchiudersi nel suo taxi, che diviene un microcosmo in cui la sua storia incontra quella dei passeggeri, testimoni di una quotidianità per lungo tempo allontanato da sé, grazie ai quali troverà una nuova strada per la felicità.

“Viviamo mille volte e mille volte siamo da buttare.” Ѐ davvero un periodo critico per l’ postmoderno. Tra catastrofi naturali, violenze inaudite, perdita di valori, famiglie allo sfascio, tutti corrono e nessuno sa dove andare a rifugiarsi. Un’emergenza così forte che l’urlo arriva nelle sale da oggi, 21 novembre, anche dalla pellicola d’animazione L’ della felicità, opera prima del giovane napoletano Alessandro Rak, fumettista e illustratore, autore di diversi videoclip musicali per i brani dei 24 Grana. Pensato inizialmente come un documentario, in collaborazione con Mad Entertainment, Rai Cinema e Cinecittà Luce, il film è prodotto da Luciano Stella, fondatore dell’omonima manifestazione culturale, attiva a Napoli dal 2005 con incontri che declinano alla religione, al senso della vita, della morte, dell’equilibrio spirituale.

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In una Napoli abbandonata a se stessa, divorata dal degrado, Sergio, un ex di quarant’anni, riceve una triste notizia che lo sconvolge e lo tormenta. In preda alla rabbia, all’insofferenza, all’abbandono e ai rimorsi per aver voltato le spalle alla musica deludendo così il fratello violinista, viaggia ininterrottamente per la città osannata dal maltempo. Nell’ annunciata, l’uomo dialoga con impeto con se stesso e con il suo passato. Il suo Taxi diviene un porto di mare, è l’attimo in cui i passeggeri entrano ed escono con i loro racconti di vita in cui tutti i significati si condensano e si svelano come messaggeri di nuove speranze, risvegliando in Sergio che si ingigantiscono come echi nel suo presente. Forse sarà di nuovo l’amore per la musica a farlo riemergere.

Il film, accompagnato dalle morbide note composte e dirette da Antonio Fresa e Luigi Scialdone, ricorda l’animazione Waking Life di Richard Linklater (2001) per l’intensità dell’introspezione e la profondità delle tematiche affrontate nei dialoghi. La sceneggiatura dell’opera, invece, è un continuo rimando a simbologie buddiste e cattoliche, tutta la trama è incentrata sul persistente confronto tra chi stenta ad accostarsi a una fede e si sente smarrito e confuso (il personaggio di Sergio) e chi, invece, ha raggiunto la serenità interiore avvicinandosi alla divinità. Nonostante Rak affermi di esser stato lontano dalla volontà di rappresentare la religione con un’intenzione moralista, la visione desta in proposito qualche dubbio.

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C’è da chiedersi, a questo punto, quanto, in realtà, fosse stata necessaria la centralità religiosa nell’affrontare il vastissimo discorso sulla felicità, su quello stato d’animo al vertice delle sensazioni di benessere cui si giunge davvero in modo molto soggettivo. Il risponde che l’ambito esplorativo del film – concepito per una visione adulta – è quello di puntare alla spiritualità che è alla base della religione, far emergere, oggi più che mai, l’urgenza di una emozione perduta, raccontare qualcosa che sia comunque fuori da quelle forme di integralismo religioso.

Recensione: cinemonitor.it

By Anam

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