PARASYTE 1 & 2 [SubITA]

Titolo originale: Kiseijuu
Nazionalità: Giappone
Anno: 2014
Genere: Azione, Commedia, Drammatico, Fantascienza, Horror
Durata: 109 min.
Regia: Takashi Yamazaki

PARTE 1

Kiseiju è un manga pubblicato in Giappone dal 1988 al 1995 per un totale di 10 volumi. In Italia in venti anni hanno provato a pubblicarlo ben tre volte (col titolo de L’Ospite Indesiderato) senza mai riuscire a portarlo a termine. Le cose iniziano a muoversi nel 2014 quando una serie d’animazione approda nelle tv giapponesi e due film live action da sala sono messi in produzione. L’adattamento di un manga del genere produce dovuti timori, relativi a numerose scelte produttive. Essendo una sorta di macelleria nichilista a base di mutanti come l’avrebbero trasposto? Alleggerendo temi e budget e puntando ad un pubblico di nicchia? Esattamente il contrario; chiamano uno dei registi più di successo e popolari contemporanei, Takashi Yamazaki ovvero l’autore di un cinema per famiglie come Always, del successo di The Eternal Zero, del colossal Space Battleship Yamato e del recente film di Doraemon e gli danno in mano un blockbuster ad alto budget. Questo non impone un alleggerimento di temi né di sequenze splatter, tutt’altro; il film è un profluvio di mutazioni, amputazioni, fiumi di sangue e di persone fatte a pezzi e divorate. Ma, come hanno suggerito i vertici della Toho, in riferimento all’imminente nuovo Godzilla giapponese in produzione, Parasyte rappresenta un punto di arrivo a livello di competitività per l’effettistica giapponese. La riproduzione delle mutazioni e la realizzazione delle creature paga pegno alle origini del manga che a loro volta erano una esplicita dichiarazione d’amore al Rob Bottin e Stan Winston de La Cosa di Carpenter ma aggiornate alle nuove tecnologie del digitale che permettono una volta tanto di rendere efficaci le surreali mutazioni gore con personalità e una vivace originalità.

Come spesso accade in tante riduzioni da manga, a sequenze fredde e mimetiche dell’origine cartacea si alternano scene climax particolarmente articolate, in questo caso quelle che hanno come protagonisti i in azione anche se gli fx invadono anche tutte le scene di raccordo essendo la mano del protagonista presente ed effettata per buona parte della metrica. Straordinario casting che imita con piglio maniacale i volti dell’origine cartacea che lascerà spazio nel secondo capitolo all’introduzione di altri nomi particolarmente rilevanti come quello di Asano Tadanobu. Raramente si è visto un blockbuster così violento e perturbante capace di alternare gocce di ironia e di mantenere anche l’apparato melodrammatico. In attesa del secondo capitolo, questo primo è promosso e si rivela come opera capace di sorprendere e di illuminare lo schermo grazie ad un’effettistica particolarmente innovativa e riuscita.

A meno che non ci si trovi di fronte l’ennesima scheggia impazzita filmata da o Sion Sono, la via per il blockbuster nipponico passa quasi sempre per sceneggiature non originali, per lo più adattamenti anime o live-action di celebri manga. Non fa eccezione l’ultimo film di Takashi Yamazaki, regista ormai avvezzo al successo commerciale su cui è ricaduto il compito di adattare il celebre manga di Hitoshi Iwaaki, diventato un dittico fantascientifico tra l’horror e il grottesco: Parasyte Part 1 e Parasyte Part 2, due episodi molto diversi tra loro e dagli esiti speculari.

Portati dalle onde del mare durante la notte, centinaia di esemplari di una nuova forma di vita arrivano sulle coste del Giappone, si muovono attraverso i container, raggiungono le case e le camere da letto di cittadini incoscienti. Tanti di questi finiranno presto preda dei parassiti, nuovi ultracorpi la cui origine rimarrà un mistero tanto per lo spettatore quanto per gli esseri stessi. Chi siamo e qual è il nostro scopo nel mondo, si chiedono gli esseri umani infestati dai parassiti, ormai forme alternative di natura forse aliena. Tra le vittime dell’invasione troviamo il giovane Shinichi, che a differenza degli altri viene infestato soltanto in una parte del corpo, la mano. Il suo cervello rimane intatto e così tra lui e il parassita parlante che si ritrova come appendice, chiamatosi Migi, si istaura un rapporto di simbiosi e conoscenza reciproca, un legame le cui potenzialità risulteranno decisive nel corso della lenta invasione intrapresa dai parassiti.

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Titolo originale: Kiseijuu: Kanketsuhen
Nazionalità: Giappone
Anno: 2015
Genere: Azione, Commedia, Drammatico, Fantascienza, Horror
Durata: 117 min.
Regia: Takashi Yamazaki

PARTE 2

Li ospitiamo controvoglia, il più delle volte a nostra insaputa. Sempre a nostre spese, e ne usciamo ogni volta indeboliti. Se ne usciamo vivi. Non è detto che ci tocchi ospitarne soltanto uno per volta, questi non conoscono la vergogna e possono avere la faccia tosta di presentarsi in tre, quattro, cinque, tutti insieme. Ci rubano quello che per noi è più prezioso, ci rubano la linfa vitale, la mamma, la casa, il lavoro, e mirano a rubarci anche i posti di potere. Vogliono eliminarci, spazzarci via dalla faccia della terra. Si intrufolano nel nostro mondo, arrivano via mare, o stipati dentro grandi container, strisciando nelle tenebre studiano le nostre usanze, la nostra cultura, per potersi insediare indisturbati e tramare nell’ombra. Puoi smettere di eccitarti, razzista che non sei altro, non sto parlando di quello che pensi tu.

Parasyte è un blockbuster mastodontico della durata di quattro ore, diviso in due parti, che frulla insieme il body-horror e la commedia più nera e grottesca, il consueto melodramma nipponico con riflessioni semplici e ineccepibili su ambiente e sovrappopolazione planetaria, senza lesinare in squartamenti, mutazioni e amputazioni. Tutto dentro una sceneggiatura elementare ma ricca e inattaccabile, che segue – pur in maniera splendidamente nipponica – il canovaccio delle origin stories dei film supereroici.
Il film (qui trattiamo la seconda parte di un corpus unico, chè quello è anche se tagliato in due, cosa che accade pure a parecchi corpi umani nel corso della pellicola) è tratto da un manga di enorme successo uscito in Giappone tra il 1989 e il 1995, e ha rischiato di essere realizzato a Hollywood. Uno studio americano ne aveva opzionato infatti i diritti, ma non ne è scaturito nulla di concreto e la materia è stata consegnata nelle mani di Yamazaki Takashi, mago degli effetti speciali e regista di successo. Pare, si dice, si mormora, che addirittura James Cameron avesse messo gli occhi addosso al manga, e non è escluso che possa aver ispirato e influenzato la natura del T-1000 in Terminator 2. Interpellato al proposito, Yamazaki afferma che Parasyte non ha attecchito a Hollywood per la sua natura difficilmente plasmabile da mani assegni e cineprese occidentali e cristiane: il bene e il male qui non sono schierati chiaramente, ci sono che si comportano istintivamente in maniera più etica e corretta di parecchi umani. Ad aggravare il processo di Hollywoodizzazione ci sta pure una valanga di riferimenti al politeismo.

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Ovviamente i fan del manga (e dell’anime) sono saliti sulle barricate, esattamente come è successo per Attack On Titan. E ancora una volta, sotto lo sguardo di noi profani, Parasyte sta in piedi da solo, eccome. Della prima parte già hic optime parlammo, la seconda rischia di finire nella dikotop ten movies 2015.
Ciò che più ci ha impressionato, infatti, è il suo essere orgogliosamente demodè, il rifarsi dichiaratamente alla fantascienza filantropista degli anni 50 a stelle e strisce, mischiando il monito interstellare dell’Ultimatum alla con il contagio letale e giustizialista de L’Invasione degli Ultracorpi. Qui, come nel remoto passato cinematografico, si parla non (solo) di esseri umani ma (anche) di essere umani, di speranza e di convivenza possibile e di futuro. Qui l’orrore genera lirismo, l’adrenalina e la suspense vengono contenute da monologhi o dialoghi di spiccia filosofia esistenzialista, incuranti del ritmo e dei tempi dell’azione. Occorre inoltre rimarcare quanto l’opera sia multilivello, presentando uno zenit per ciascuno dei livelli toccati, l’antipolitica, l’amicizia, la maternità, l’amore ad esempio, e al tempo stesso quanto essa sia univoca e coerente nella raffigurazione simbolica, con gli eroi a loro insaputa a cercare di sopravvivere in bilico su un ponte, o sul fuoco di un termovalorizzatore, o sul terrazzo di un grattacielo. E se politeismo, come dicevamo, deve essere, che politeismo sia, con la grandiosa tragicità delle figure femminili sanguigne salvifiche sacrificali. Messa in scena visionaria e rigorosissima, satira politica e sociale, azione e commozione, a fronte di una distribuzione cieca che mai, ne siamo certi, porterà il (i) film nelle sale nostrane, chè in provincia non è più tempo di Giappone. Quali siano i veri parassiti, ditelo allora voi.

Recensione: asianfeast.org

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By Anam

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