Titolo originale: O Bandido da Luz Vermelha
Paese di produzione: Brasile
Anno: 1968
Durata: 92 min.
Genere: Poliziesco, Thriller
Regia: Rogério Sganzerla
Jorge, un emarginato della città di San Paolo, dopo aver messo in subbuglio tutta la popolazione, e soprattutto dopo aver sfidato la polizia con le sue “imprese”, diventa famoso come “il bandito della luce rossa”. Il soprannome gli deriva dalla particolare tecnica con cui mette a segno i furti.
Sorprendente film di Sganzerla, assolutamente fuori dagli schemi, manifesto di una corrente denominata “Cinema novo” che trova qui più che mai il suo corrispondente in Inghilterra denominato ancora più correttamente “Free cinema” proprio perché la libertà di stile che caratterizza questo film genera automaticamente uno stile nuovo di cinema che gode di estrema libertà stilistica.
Si può ricondurre la matrice di ispirazione ai film polizieschi classici americani come “Quando la città dorme” in cui si delineano chiaramente le due figure opposte del delinquente e del poliziotto che gli da la caccia, ma il tutto è sovraccaricato dalla verve esplosiva del suo autore che non è intenzionato a confezionare un film di guardie e ladri ma vuole raccontarci la malinconia del Brasile, la povertà e la disperazione in cui molti sono costretti a vivere, come il protagonista che acceca le vittime delle sue rapine con un faro rosso ma in fondo è solo un povero disgraziato che ha preso coscienza delle amarezze della vita troppo presto perché cresciuto nelle favelas, un posto in cui ci dice lo speaker spirito del film due disgraziati hanno tentato di derubarsi a vicenda per poi accorgersi che non c’era niente da rubare.
All’inizio l’andamento e il ritmo della pellicola è davvero frastornante: in un bianco e nero caldissimo si alternano discorsi apocalittici sul destino dell’umanità e interpunzioni del radiogiornale sulle scorribande del nemico pubblico del momento, le prime scritte a display luminoso sopra i negozi forniscono informazioni sul film, dal film, per il film, la voce fuori campo del protagonista si mescola al notiziario mentre le immagini si alternano fra un passato presente e un presente passato dove convivono violenza e samba, il buono e il cattivo, o bandido da luz vermelha durante la sua attività fuori legge nelle abitazioni altrui e l’ispettore Sadi che gli da la caccia disprezzando però le vittime delle azioni criminali del suo avversario per via della loro ricchezza sfacciata.
Sganzerla martella con un montaggio frammentato, sospende tutto al limite del surreale riprendendo San Paolo dai bassifondi fino all’oceano e spara più di una cartuccia all’indirizzo del suo governo incarnato dal politico fanfarone e bugiardo ma non rinuncia alla vena fantasiosa ne’ in questi passaggi ne’ tanto meno nel finale che beffardamente avvicina cane e gatto, terrestri e spaziali, Hendrix e canto popolare.
Una frase ripetuta più volte, alla fine anche dal protagonista, sembra essere il credo di Sganzerla:
“ Il terzo mondo esploderà e solo chi non ha le scarpe sarà risparmiato”.
I’m A Fucking Dreamer man !