MUSICA PER VECCHI ANIMALI

Titolo originale: Musica per vecchi animali
Paese di produzione: Italia
Anno: 1989
Durata: circa 106 min
Genere: Commedia, Fantascienza, Grottesco
Regia: Stefano Benni, Umberto Angelucci

Sinossi :
Un simpaticissimo trio improbabile — un anziano professore di lettere, un meccanico esperto di kung-fu chiamato “Lee il tigrotto” e la bambina scatenata Lupetta — intraprende un viaggio attraverso una città surreale attraversata da misteriosi posti di blocco. Guidati alternatamente dalla bambina, dal meccanico e infine dal professore, attraversano quartieri degradati fino a raggiungere un ospedale. Il professor Lucertola sogna i suoi luoghi d’infanzia proprio prima di morire, mentre la piccola Lupetta vede dissolversi la sua ribellistica avventura.

Musica per vecchi animali è uno di quei film che ti strappa via dal consueto per piombarti dentro una visione allucinata, un fumetto anarchico dal cuore poetico. Stefano Benni e Umberto Angelucci non cercano il realismo: vogliono un universo sospeso, dove la città è un organismo impazzito, dove la logica è un vestito troppo stretto.

Il prof Lucio Lucertola (Dario Fo) è uomo-strada e anima nostalgica: un dinosauro in pensione che racconta con voce stanca e lucida, e prima di morire rivive ogni ferita sentimentale. Lee il Tigrotto (Paolo Rossi) è forza grezza e desiderio di fuga, moto accesa di adrenalina e sogni perduti. Lupetta (Viola Simoncioni), rivoluzionaria con codini, scardina la banalità con ogni parola che grida: è sarcastica, feroce, un futuro che stride. Non sono tre personaggi, sono tre archetipi che si fondono nel sogno collettivo di una specie che ha solo un giorno in bilico da vivere davvero.

La città, con i suoi posti di blocco, le sirene cieche, l’aria che sembra pesare come memoria tossica, diventa un labirinto emotivo. È una fotografia mentale, non una mappa geografica. Lontana dal realismo, questa città è specchio: ognuno vede il proprio abisso. È una rivolta silenziosa contro il “tutto va bene” con cui il mondo fa l’occhiolino alla noia.

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I dialoghi traboccano umorismo disarmante, poesia immediata, sarcasmo intelligente. Ma il cuore del film è nella forma: ritmo irregolare, sprazzi di surreale, dissolvenze che sembrano trance. Non è facile prenderlo acriticamente — e forse è anche il suo punto di forza. Ti sfida, ti sbilancia, ti mette a nudo con un sorriso storto.

Alcuni critici lo definiscono un gioiello grezzo; altri lo trovano affettato o mal calibrato. E io direi: è esattamente così che doveva essere. Perché Musica per vecchi animali non è un film completo: è una ferita profonda che ci restituisce la città, la vecchiaia, l’infanzia e la solitudine in un’unica implosione.

Ecco la linea sottile tra amare e detestare, tra capirlo o essere spiazzati. Chi resta lo porta addosso come un tatuaggio emotivo. E io, per parte mia, lo posso solo chiamare un atto di resistenza poetica.

Un film che lascia meravigliati, in pochi sono capaci di apprezzare a pieno quest’opera.

Un capolavoro dimenticato, mal distribuito ai tempi e non capito dalla critica, un film d’autore pieno di poesia, simbologie e fantasia, scenografia e location suggestive, una colonna sonora meravigliosa, senza parlare degli attori protagonisti perfetti con una lode ad un Dario Fo adorabile. Per gli italiani finché i film autoriali complessi li fanno altri oltre confine va tutto bene, quando è un italiano a farlo a parte Fellini, deve essere disprezzato e trattato con prevenuta superficialità.

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Dario Fo, Paolo Rossi e Viola Simoncioni

By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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