METROPIA (SubITA)

Titolo originale: Metropia
Nazionalità: Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia
Anno: 2009
Genere: Animazione, Fantascienza, Visionario
Durata: 80 min.
Regia: Tarik Saleh

Con la sua messa in scena geometrica, che privilegia la composizione delle inquadrature, Metropia assomiglia più a un lungo e straniante da gustare con gli occhi, persino in maniera frammentaria. I corpi esili, le città buie, le scintillanti trasmissioni televisive e l’effetto di tridimensionalità perdono via via efficacia, smarrendosi tra le varie e non bene assortite suggestioni kafkiane, orwelliane e via discorrendo.

Distopie undergroud

La energetica mondiale ha indotto a creare una gigantesca rete metropolitana europea. Roger, un impiegato di un call center di Stoccolma, entra in una stazione e sente delle strane nella sua mente poco prima di incontrare un’affascinante e misteriosa donna, Nina, che decide di seguire. Lei lo aiuterà a scappare da questi “disturbi” della metro, Roger però sarà via via sempre più coinvolto in un’oscura cospirazione. [sinossi – sicvenezia.it]

Il progetto di Tarik Saleh, cineasta che ha proficuamente collaborato col più noto Erik Gandini (i documentari Gitmo, del 2005, e Sacrificio: Betrayed Che Guevara, lavoro televisivo datato 2001), è indubbiamente ambizioso e assai coraggioso. Mettere in piedi un lungometraggio di fantascienza distopica dagli intenti chiaramente autoriali, realizzato con una particolare tecnica d’animazione, è un’operazione che guarda poco al box office e alla popolarità presso il grande pubblico e assai di più all’arte, al linguaggio, alla sperimentazione. La collocazione di Metropia nella 24a Settimana Internazionale della Critica di Venezia e il di pellicola inedita nel Bel Paese sono, in questo senso, sviluppi ampiamente prevedibili. Ma il film di Tarik Saleh, poi passato anche al Science Fiction Trieste 2009, pur avendo le intenzioni e qualche buona caratteristica per diventare un’opera di culto, lascia l’amaro in bocca, il fastidioso retrogusto dell’occasione mancata, dell’intuizione dal fiato troppo corto: Metropia è un film diviso in due, visivamente suggestivo e narrativamente inconsistente. All’eccentrica messa in scena, alle soluzioni grafiche e al singolare e suggestivo character design non corrisponde, purtroppo, una struttura narrativa adeguata.

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Il convincente tratto grafico, che abbina fotorealismo e un design deformed, e la pulizia formale della computer grafica fanno da contraltare a una trama che accumula triti stereotipi, senza particolari slanci o intuizioni: Metropia, con la sua messa in scena geometrica, che privilegia la composizione delle inquadrature, assomiglia più a un lungo e straniante da gustare con gli occhi, persino in maniera frammentaria. I corpi esili, le città buie, le scintillanti trasmissioni televisive e l’effetto di tridimensionalità (ottenuto con un utilizzo “improprio” di un software) perdono via via efficacia, smarrendosi tra le varie e non bene assortite suggestioni kafkiane, orwelliane e via discorrendo. Il grande fratello, almeno questa volta, non affascina.

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Infatti, del degrado ambientale, della economica, della gigantesca rete metropolitana europea e del controllo mentale sull’ignara popolazione, pur argomenti interessanti, drammaticamente sempre attuali e potenzialmente fertili, Saleh e i suoi collaboratori (la sceneggiatura è firmata dallo stesso regista, da Fredrik Edin e da Stig Larsson) finiscono per fare una sorta di confuso intreccio, inutilmente stratificato e ben poco avvincente. Il macroscopico limite di Metropia risiede proprio nella sceneggiatura, in una storia che è lontana anni luce dall’originalità e dal lavoro di cesello del comparto grafico-visivo. Peccato.

Da segnalare il pregevole cast di doppiatori. Vincent Gallo (Roger), Juliette Lewis (Nina), Udo Kier (Ivan Bahn), Stellan Skarsgård (Ralph) e Alexander Skarsgård (Stefan) hanno infatti prestato le loro ai personaggi principali, dando e consistenza a questa sorta di caricature di un nostro possibile futuro.
Delle ambizioni di Metropia e del giovane e sceneggiatore Tarik Saleh ci restano comunque ottime speranze per il futuro, per prossime opere più calibrate, persino più coraggiose.

Recensione: quinlan.it

By Anam

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