HEARTSTONE (SubITA)

Titolo originale: Hjartasteinn
Titolo internazionale: Heartstone
Paese di produzione: Islanda, Danimarca
Anno: 2016
Durata: 129 min
Genere: Drammatico, Psicologico
Regia: Guðmundur Arnar Guðmundsson

Sinossi:
In un remoto villaggio di pescatori islandese, due adolescenti, Thor e Christian, cercano di dare un nome alle proprie emozioni mentre vivono la tumultuosa transizione dall’infanzia all’età adulta. Mentre Thor si invaghisce di una ragazza del villaggio, Christian sviluppa sentimenti più profondi verso il suo migliore amico. Tra paesaggi sterminati e silenzi carichi di tensione, i due si confrontano con la scoperta della sessualità, dell’amore e della crudeltà che può abitare anche nei luoghi più puri.

Recensione:
Hjartasteinn non è un film: è un respiro gelido intrappolato tra il mare e le montagne, un battito del cuore congelato nel tempo. Guðmundur Arnar Guðmundsson costruisce un racconto che pulsa di innocenza e tormento, un dramma nordico che parla con la voce spezzata dell’adolescenza, quando ogni gesto pesa come una rivelazione e ogni silenzio diventa una ferita.

In questa Islanda sospesa, dove la luce non è mai piena e la notte non è mai completa, due ragazzi si cercano come animali feriti. Thor, tutto istinto e rabbia, affronta il mondo con la fragilità di chi non ha ancora imparato a difendersi. Christian, invece, vive un amore nascosto, un sentimento che cresce come un’erba proibita sotto la neve. I loro corpi, le loro parole, le loro fughe tra le scogliere e le barche arrugginite: tutto vibra di una verità che il cinema raramente osa mostrare senza vergogna né retorica.

Guðmundsson osserva senza giudicare, e proprio in questa sospensione risiede la potenza del film. Ogni inquadratura è una carezza dolorosa: il vento che piega l’erba, le onde che si infrangono come confessioni non dette, gli sguardi che sfiorano e poi si ritirano, incapaci di sostenere la luce dell’onestà. Heartstone è un poema sull’impossibilità di essere se stessi in un mondo che misura la forza con la violenza e confonde la dolcezza con la debolezza.

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La macchina da presa, spesso stretta sui volti, cattura la tensione dell’intimità e il senso di colpa che la accompagna. Non c’è musica che edulcora, non ci sono parole che spiegano: solo respiri trattenuti, dita che si sfiorano, pugni che si chiudono per nascondere il tremito. L’Islanda diventa specchio di un’anima in frantumi — un paesaggio che non consola ma che amplifica la solitudine, dove ogni roccia sembra trattenere un segreto, ogni lago riflette un pensiero che non si può confessare.

Thor e Christian rappresentano due modi di sopravvivere: uno combatte il mondo, l’altro lo teme. Ma entrambi sono intrappolati nella stessa prigione di mascolinità e silenzio. In questo senso Hjartasteinn è anche un film politico, un atto di ribellione gentile contro la brutalità di una cultura che insegna ai ragazzi a reprimere invece che a sentire. È una pellicola che parla di amore queer senza mai nominarlo, con la grazia di un sussurro, con la potenza di una confessione sussurrata tra il vento e il mare.

La fotografia è magistrale: ogni colore freddo racconta l’impossibilità del calore, ogni luce improvvisa sembra una promessa che non può durare. Ci sono momenti in cui il film sfiora il sacro — non per religione, ma per quella forma di purezza che nasce quando due anime si riconoscono, anche solo per un istante.

Alla fine resta il titolo, Heartstone — il cuore di pietra. Ma non perché l’amore muore: piuttosto perché il mondo lo indurisce, lo cristallizza, lo trasforma in qualcosa che può resistere al gelo. Guðmundsson firma una delle opere più sincere e dolorosamente umane del cinema islandese contemporaneo: un film che non ti chiede di capire, ma di ricordare cosa si prova a sentire troppo.

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È un viaggio che comincia come una fuga e finisce come una rivelazione. Nel silenzio finale, quando i due amici si guardano un’ultima volta, non servono parole: tutto è già accaduto, eppure nulla è davvero finito.

By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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