Titolo originale: Zbogum na dvaesetiot vek
Nazionalità: Macedonia
Anno: 1998
Genere: Avventura, Commedia, Fantastico, Grottesco, Visionario
Durata: 83 min.
Regia: Darko Mitrevski, Aleksandar Popovski
Il futuro è come il passato.. Nell’anno 2019, dopo la distruzione globale e il dominio della ferocia, l’immortale Kuzman cerca di scoprire il suo destino per imparare come morire.
E poi niente, ad un film che non daresti due lire bucate per molti motivi, del tipo: suvvia, qualcuno ha mai sentito parlare del cinema macedone? Oppure: la locandina (in realtà fuorviante) mostra un Santa Claus incazzoso, sarà mica una delle tante variazioni (/derivazioni) sul tema natalizio?
Ecco, ad un film che parte con delle premesse di questo tipo ci si appresta alla sua fruizione senza pretendere alcunché, se non del sano intrattenimento.
E la capacità di accaparrarsi l’attenzione Zbogum na dvaesetiot vek ce l’ha, ma ce l’ha alla grande, ed il bello è che sa andare ben oltre tale step mostrandosi opera sorprendentemente stratificata pur mantenendo un tono leggero e fracassone.
D’altronde questa pellicola diretta a 4 mani da due amici-registi-collaboratori che si chiamano rispettivamente Darko Mitrevski e Aleksandar Popovski, ha sfiorato la competizione più rinomata di tutto il globo: candidatura per miglior film straniero agli Oscar del ’99 senza però riuscire ad entrare nella magica cinquina.
Il pregio di fondo che potrebbe distrattamente sfuggire ma che invece diventa base solidissima per edificare il film tout court, è il proficuo atteggiamento di non volersi prendere sul serio.
Lo si comprende da subito, con il primo segmento che riesce a far sorridere sebbene ritragga l’esecuzione di un uomo, vuoi per la caratterizzazione particolarissima dei personaggi che spazia da un’impressione nemmeno troppo vaga desunta dai comics americani, a suggestioni (presumo) tradizionali con quelle donne in costume che piangono il defunto, vuoi perché l’uomo in questione è immortale e perciò si innescano delle gag divertenti ottimamente calibrate.
L’ironia prosegue poi il suo corso, e più si va avanti e più se ne trovano ulteriori manifestazioni, tutte decisamente succulente.
Va citata la chiara presa in giro nei confronti degli action movie dove una sparatoria viene spogliata di quella boria a stelle e strisce per costringere il cattivo di turno (un Joker versione tarocca) a tossire per coprire il rumore della sua pistola giocattolo.
Ma va citata obbligatoriamente anche la veglia funebre che costituisce praticamente tutto il secondo blocco e che pur contendendo al suo interno scampoli da commedia non proprio brillante (rutti e scorregge a volontà) trova felice completezza nell’uso, nel piazzamento, nel tiro, che viene fatto di questi espedienti.
Il tutto è sorretto da una tecnica eterogenea che cambia continuamente registro e si trova sempre a suo agio, sia che debba riprendere una landa deserta o che si trovi in una gelida stanza bianca.
Nel mezzo sgomitano lampi di vera classe, ad esempio l’intento della prima sparatoria spero che non venga catalogato come roba da b-movie, perché è proprio il contrario dato che i due autori fanno come Tarantino: sono consapevoli degli stilemi del cinema di genere e li ripropongono secondo la loro visione, cosicché il buffo balletto di Kuzman trivellato dalle pallottole non è imitazione, bensì riproposizione attuale, richiamo nostalgico e soprattutto cinefilo.
Non c’è il tempo di tirare il fiato: se l’entr’acte virato seppia appare in prima battuta scollegato dal corpo filmico ma comunque interessante per apprezzare la varietà del film, ecco che nella riunione di famiglia i registi giocano sulla percezione cromatica laddove lo sfondo bianco è la tela perfetta sulla quale far risaltare prima gli abiti neri delle persone, e subito dopo il loro sangue in una parentesi che sfiora un mondo ulteriore, quello dell’horror.
Eppure non c’è soltanto questa piacevole ironia che confluisce nel grottesco e nemmeno la singola cura palpabile verso il metodo. No. Goodbye, 20th Century riesce comunque a lambire temi universali come il principio e la fine, e non ha alcuna paura di risultare gratuito o velatamente malizioso parlando di incesti o blasfemia (Kuzman che finalmente ha un’erezione di fronte alla Madonna è la trovata più dissacrante, e geniale, del film).
Se non bastasse i tre atti del film, sicuramente differenti sotto vari aspetti, restano ad ogni modo incollati tra loro per merito della frase ripetuta più volte che dice dell’incertezza del futuro parificabile a quella del passato. Non ci è dato sapere con sicurezza se vi sia da parte di Mitrevski e Popovski una voglia mirata a dinamitare alcuni dei capisaldi che costituiscono l’esistenza (la religione; i legami consanguinei; i miti moderni: Babbo Natale mutato in assassino-profeta), e tale sfocatura potrebbe far storcere il naso a chi preferisce ricevere piuttosto che andare a cercare, ma assicuro che in questo film macedone di cose da cercare ce ne sono molte, e vale la pena farlo.
Davvero una grande sorpresa.
Recensione: pensieriframmentati.blogspot.it