Titolo originale: Ganja & Hess
Paese di produzione: USA
Anno: 1973
Durata: 112 min.
Genere: Drammatico, Fantastico, Horror
Regia: Bill Gunn
Dopo essere stato pugnalato con un antico coltello contaminato, l’assistente di un medico si ritrova ad avere un insaziabile desiderio di sangue.
Negli ultimi anni è (ri)nato un certo interesse attorno a “Ganja & Hess”, pellicola di culto del filone blaxploitation mai troppo considerata dalle nostre parti. Il merito di questa riscoperta è da attribuire a Spike Lee, artefice nel 2014 di un remake non ufficiale del film di Bill Gunn (un mediocre rifacimento da noi sbarcato direttamente in edizione home video con il titolo “Il Sangue Di Cristo”). Di recente anche Martin Scorsese ha espresso il suo amore nei confronti di questo lavoro, selezionandolo appositamente nella sua versione restaurata (di ben centodieci minuti) alla Festa del Cinema di Roma del 2018.
Duane Jones, già visto all’opera nel monumentale “La Notte Dei Morti Viventi” (1968) di George A. Romero, è il Dr. Hess Green, un antropologo impegnato in una ricerca su una tribù africana: durante una notte, il suo assistente George Meda (che già aveva tentato il suicidio) lo assale con un coltello cerimoniale capace di rendere immortale la persona offesa, da questo momento infatti il protagonista diventa assetato di sangue e la storia prende una piega completamente allucinata. Quando Ganja Meda (Marlene Clark) rientra da un viaggio e si reca nella casa dello studioso per cercare suo marito, nell’attesa di scoprire la verità intraprende una relazione proprio con Green, il quale a sua volta la converte trasformandola in una vampira (rigorosamente in corsivo, il termine non viene mai utilizzato nei dialoghi). Non è facile però abituarsi a questa condizione, poiché bisogna procurarsi sempre nuove vittime e la disillusione è dietro l’angolo.
Nonostante il succitato abbozzo di trama, “Ganja & Hess” è un film che rifiuta categoricamente la narrazione classica: Bill Gunn ci proietta all’interno di una pellicola dai contorni sperimentali, dilatata oltremisura e incentrata soprattutto sulle atmosfere soffuse e surreali con le quali egli ci immerge negli eventi. Il mood è tutto in “Ganja & Hess”, un umore ben definito avvalorato da una notevole soundtrack e da un sonoro cupo e ossessivo, rumori e (afro)cantilene che irrompono spesso durante la visione trascinandoci dentro un orrore arcaico, sinistro e rituale. Le inquadrature inoltre si soffermano più volte su alcuni particolari che aumentano questo senso di alienazione (quadri, oggetti e scenografie hanno una grande importanza), lasciandoci avvolti in un caldo quanto sfuggente puzzle onirico non facile da decifrare.
All’interno della filmografia blaxploitation nulla è così morboso e affascinante come “Ganja & Hess”: qui non siamo dalle parti del black vampire “Blacula” (1972), anzi tutto ciò che è legato al sangue e alla carne è soltanto un’allegoria di concetti ben più profondi, radicati nella religione e nell’assimilazione culturale dell’individuo. La visione dell’opera, sebbene estenuante in alcuni passaggi, si rivela fondamentale per addentrarsi nel cuore di un cinema sconosciuto quanto ammaliante, una magia fuori dal tempo che paga l’assenza di un budget elevato (gli effetti sono molto spartani) ma che dispensa emozioni davvero stranianti. Un incubo che può generare dipendenza.
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