
Titolo originale: Armomurhaaja
Nazionalità: Finlandia
Anno: 2017
Genere: Drammatico, Thriller
Durata: 85 min.
Regia: Teemu Nikki
Veijo Haukka, un meccanico cinquantenne, come secondo lavora aiuta i cani malati a morire in maniera “dolce”. Un giorno Haukaa viene pagato per far morire un cane in salute ma, anziché portare a termine il compito, decide di tenere l’animale con se. Il vecchio proprietario però non sarà soddisfatto fino a quando non vedrà il cane senza vita.
Chi ama morbosamente gli animali non deve aver paura di guardare “Euthanizer” (“Armomurhaaja”), un film doloroso ma necessario anche se la finzione è comunque dura da mandare giù. Le prime sequenze del film lasciano infatti l’amaro in bocca: conosciamo subito il protagonista Veijo (Matti Onnismaa), un uomo apparentemente rude che pratica l’eutanasia alle bestie malate o sofferenti (“dipende dalla taglia dell’animale. Quelli piccoli muoiono con il gas, quelli grandi con la pistola”). Molta gente del posto si rivolge a lui, poiché dal veterinario i prezzi sono esorbitanti. Ma Veijo ama queste creature e fa in modo che la loro fine sia degna e indolore, al contrario dei tanti esseri umani che ruotano attorno a quel posto e che non hanno cura dei loro amici a quattro zampe. Per accentuare maggiormente questo dualismo, il regista finlandese Teemu Nikki mette il protagonista in antitesi a un gruppetto di balordi nazistoidi che lo minacciano di continuo sempre per via di queste diatribe legate agli animali. “Euthanizer” si trasforma così in un revenge movie atipico e decisamente originale, riconoscibile tra mille altri anche per la sua provenienza (la lingua finlandese ha il suo perché) e per i suoi strambi interpreti (la gang di stralunati ragazzacci e lo stesso Veijo, un individuo coerente e sincero che dietro una coltre di ghiaccio nasconde un cuore pulsante, quasi un Clint Eastwood in salsa finnica!).
Presentato al Festival di Toronto lo scorso anno, “Euthanizer” è un film che cambia più volte registro, mescolando in un sol colpo il dramma alla commedia nera più cinica e disincantata. La violenza rimane ai margini e ovviamente non viene mai mostrata, ma è la tematica a sconvolgere la sensibilità dello spettatore facendolo però riflettere sui veri mali che affliggono il mondo. Teemu Nikki inoltre aggira ogni forma di buonismo preconfezionato, cadendo soltanto nell’errore fatale di voler inserire a tutti i costi un subplot piuttosto insipido legato al rapporto tra Veijo e una donna di lui innamorata, una relazione (comunque perversa) che lascia il tempo che trova. Dopotutto non serve insistere ulteriormente sui valori intoccabili di Veijo per caratterizzarlo ancora più a fondo: ci basta la sua fisicità, il suo distacco, le sue regole ferree figlie di qualche antieroe pescato dal cinema di genere degli anni settanta. “Euthanizer” è lui, un titolo eloquente che fa paura, neppure stessimo parlando di Josef Mengele. Eppure proprio attraverso la sua controversa professione riusciamo a capovolgere ogni prospettiva, passando immediatamente dalla parte dei più deboli (gli animali), un merito che bisogna attribuire all’intensa e riuscita interpretazione di Matti Onnismaa (impossibile non empatizzare con lui) e alla buona regia di Teemu Nikki, che di certo in patria non è l’ultimo arrivato. Per chi fosse alla ricerca di un’opera al di fuori degli schemi, “Euthanizer” è il film giusto. Concettualmente pesante come un macigno ma anche leggero e intelligente nelle sue prese di posizione nette nei confronti della stupidità umana.
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