ERGO PROXY 🇯🇵

Titolo originale: Erugo Purakushī
Nazionalità:
Anno: 2006
Genere: Animazione, Drammatico, Fantascienza, Psicologico, Serie
Stagioni: 1
Episodi: 23
Durata: 24 min. [episodio]
Regia: Shukō Murase

 

In questo articolo si cercherà di mostrare l’altra faccia di quest’opera, quella più fonda, quella più vera. Prima di proseguire, vorrei però tentare di ridimensionare il pubblico, per evitare a qualcuno l’errore che già in tanti hanno fatto. Ergo Proxy è un anime da guardare con attenzione, e, sebbene possa fornire una gran bella dose di svago, se non gli si concede la concentrazione (il rispetto?) che merita, finirà solo per confondere e deludere. Se cercate un Naruto, o un Bleach, insomma un anime godibile ma facile, questa è proprio la serie sbagliata. In caso contrario, siete nel posto giusto.

Ciò che fa la differenza tra una bella e una brutta storia non è solo il contenuto, ma soprattutto la forma. Quindi, partiamo dagli aspetti tecnici. Se si vuole cercare di dargli un genere, Ergo Proxy è indubbiamente Sci-Fi; per il resto, ogni altra definizione che gli viene forzata addosso è, appunto, forzata. Mistero, Drammatico, Azione, Psicologico, sono solo alcune delle categorie nelle quali viene spinto, e, se è vero che elementi caratteristici di quei generi sono presenti, è anche vero che EP non si china mai o quasi mai a seguirne gli stereotipi e gli itinere classici. Paradossalmente, non viene mai ritenuto “Romantico”. Paradossalmente, perché, sebbene sempre fuori dagli schemi, sono molti gli amori e le infatuazioni che hanno ruoli chiave nello svolgimento della vicenda. Si potrebbe dire che “sono” la vicenda. Ora, tutti voi, che vi state immaginando la canonica scenetta sdolcinata da anime, non temete: il realismo quasi crudele di Ergo Proxy nel dipingere l’umano non risparmia di certo l’amore. Ci sono amori figli della solitudine, infatuazioni morbose, amori folli e non ricambiati, l’amore/odio del creatore per la creazione e della creazione per il creatore, insomma, tutto, ma certo non la tipica storiella adolescenziale. Tirate un sospiro di sollievo, e leggete oltre.

Lo studio che lo produce è niente di meno che Manglobe. Per i neofiti di anime: Manglobe è lo studio che ha prodotto Deadman Wonderland, Zettai Karen Children: The Ultimate, Gangsta e specialmente quel capolavoro di Samurai Champloo. Se non avete visto nessuno di questi, non so perché state perdendo tempo leggendo articoli come questo: su su, “La vita non è breve, è che gli anime da vedere sono tanti” diceva Seneca, via, agli schermi! Ripensandoci, lasciate stare Deadman Wonderland. In ogni caso, lo studio è fallito l’anno scorso: Manglobe, ci manchi già, davvero.
Per i più esperti: alla direzione troviamo Shukou Murase, già animatrice chiave in “lavoretti” come Wolf’s Rain, Escaflowne: The Movie, e collaboratrice di Shinichiro Watanabe (sì, il direttore e regista di Cowboy Bebop) in Samurai Champloo. Tra le altre cose è stata anche addetta al disegno dei personaggi in Final Fantasy IX. Cose da nulla. Della sceneggiatura si occupa invece Dai Sato, come già fatto in Cowboy Bebop, Wolf’s Rain, Samurai Champloo e (rullo di tamburi) in tutti gli OAV di Ghost in the Shell: Stand Alone Complex. Lo stesso Watanabe dirige un episodio di Ergo Proxy. No, non vi dico quale. Insomma, un team che da solo è già un motivo più che sufficiente per trovare un bel sito stream…ehm, per comprare tutti i DVD prodotti da Panini e vedersi l’anime.

Come ci si aspetta dalla squadra di professionisti che lo ha prodotto (e da Manglobe in genere) il disegno è a dir poco ottimo, con animazioni 3D che si integrano nel 2D così bene da non stonare nemmeno un pelo, sarebbe stato perfetto, se non per il tratto che si perde a volte (ma raramente) nel viso dei personaggi. Comunque validissimo, quasi senza rivali. Dal punto di vista prettamente musicale, pur non brillando per eccezionalità di fronte suo “cugino” Cowboy Bebop e suo “fratello” Samurai Champloo, (e bisogna dire che forse è impossibile) l’anime offre una colonna sonora sempre adatta al momento, passando, con cambi repentini, da una inquietante ambient elettronica a maestosi canti corali dai toni quasi ecclesiastici, sostenendo costantemente l’atmosfera della scena. Non perfetta, ma notevole.

Emarginati nel postcyberpunk
In un ormai inquinato oltre ogni limite da un disastro ambientale l’uomo vive in delle città protette da cupole. In una di queste, Romdau (o Romdo, o Romudo, a seconda della traduzione), l’essere umano ha creato una perfetta utopia capitalistica e sociale, basata sul e l’atarassia.

Per guidare i già fin troppo mansueti cittadini, ad ogni individuo viene assegnato un Autoreiv, un cyborg, programmato per correggerne gli eccessi emotivi e incentivare quelli economici. Ma la pace non è destinata a durare. Una creatura con poteri inumani, o forse divini, il Proxy, si risveglia e fugge dal laboratorio dove era imprigionata, uccidendo senza pietà o logica alcuna. Un virus, il Cogito, inizia lentamente ad infettare alcuni Autoreivs, che sembrano sviluppare sentimenti umani, tentando la fuga da quella che per loro è ormai una trappola mortale. Su questo precario sfondo, si muovono tre personaggi principali: Vincent Law e Re-l Mayer, i protagonisti, sembrano caratterialmente e socialmente agli antipodi. Lui è un immigrato da una distante città-cupola, impegnato anima e corpo nel diventare il cittadino modello che il nuovo contesto sociale gli impone di essere. Vuole essere accettato, vuole essere parte integrante. Lei, figlia del reggente in carica, detective, bella, intelligente, alla perenne ricerca della verità dietro la maschera ideale del che la circonda. I cittadini modello la disgustano, la perfezione di quel paradiso artificale la annoia fino a soffocarla.

Pino invece è un Autoreiv da compagnia in forma di bambina che seguirà i nostri protagonisti, portando nell’anime una ventata di innocenza e dolcezza altrimenti del tutto assenti, ma senza perdere nemmeno un briciolo di profondità e complessità. Altre figure si aggirano nella serie, ognuna ben caratterizzata, ognuna credibile. È il caso di Raul Creed, direttore della sicurezza di Romdau, alla cui famiglia è affidata Pino, come Autoreiv da compagnia, ossessionato dal desiderio di vendetta per qualcosa che ha perso. O di Dedalus, capo del dipartimento di sanità e assistenza sociale, schiavo di un amore non corrisposto e morboso. O di Iggy, l’Autoreiv di Re-l, che la seguirà, tentando di proteggerla da ogni pericolo.

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Il Proxy sconvolgerà le loro vite in un solo incontro, spingendo ognuno a cercare la propria verità, imbarcandosi in viaggi (geografici e/o interni) per trovare ciò che cercano, e così se stessi. Così come l’intreccio, i personaggi si svolgono e aprono e infittiscono, seguendo una crescita reale e realistica, rivelando piano un po’ di sé, e scoprendosi (in particolare per i due protagonisti) solo alla fine. Re-l e Vincent vanno al bagno, lei si trucca, lui ha un calzino bucato, ha un cattivo odore se non si lava, lei si lava quasi troppo spesso, insomma sono veri. Uno dei punti vincenti dell’anime, senza rivali.
E’ importante sottolineare, dopo tanto parlare della complessità psicologica e della intensità della trama, che in Ergo Proxy c’è della azione degna dei migliori action anime di sempre, solo, non è così frequente. I combattimenti sono particolarmente ben disegnati e seriamente avvincenti, con protagonisti dalle abilità incredibili, ma mai ridicole, e una violenza brutale, ma realistica. Un vero spettacolo per i fan del genere.

L’ipertestualità dalle mille sfaccettature
Il primo episodio, “Il battito del risveglio”, si apre con il sonetto “Caro m’è il sonno, e più l’esser di sasso” di Michelangelo Buonarroti. Nello stesso episodio vediamo le quattro statue/Autoreivs che risiedono nella sala del trono del reggente: sono le stesse che Michelangelo scolpì per la Sagrestia Nuova, voluta dai Medici di Firenze, sulle tombe degli ultimi due membri della famiglia con linee di discendenza diretta. Un caso che siano proprio nella sala del trono? Pino, l’Autoreiv che intraprende un viaggio per diventare una bambina vera, è un evidente riferimento a Pinocchio. In un episodio, in cui un personaggio, metaforicamente e non, “cade in un nuovo mondo”, Pino è vestita da coniglio. Alice in Wonderland, ovvio. Re-l, il cui nome, alla fine di una puntata dedicatale, appare su un monitor come “Real”, ha, come ogni cittadino, un codice di catalogazione negli archivi: 124C41+. Ovvero “one to foresee for one another”, riferimento diretto a “Ralph 124C41+”, un romanzo futurista di Hugo Gernsback, pubblicato su una rivista a partire dal 1911. Potrei andare avanti per ore. In un episodio, tutto dialogato e denso di retorica, si cita apertamente Gorgia, il padre della sofistica. Insomma, l’intero anime pullula di riferimenti ipertestuali, a pari delle migliori opere letterarie, e nessuno è a caso. Niente è a caso in Ergo Proxy: solo, non è immediato.

Profondo, diverso (e per i diversi)
Ergo Proxy è profondo. Questo è il punto chiave. Sotto un’apparenza elegante, dietro l’ambientazione cupa, tra un brutale combattimento e l’altro, proprio nelle puntate che sembrano più confuse, oniriche, comiche, l’anime, come un aedo senza pari, tesse una tela di indizi e suggerimenti, raccontandoci la storia dietro la storia quasi di sfuggita, per poi tirare le fila di scatto, così di scatto da lasciarci storditi e intontiti, se non siamo stati attenti quanto basta. E mentre fa tutto questo, con centinaia di citazioni palesi o celate, prepotenti o elusive, lascia cadere sul piatto domande che ognuno, nella società odierna, dovrebbe porsi: fino a che punto rinunciare alla libertà per una pace artificiale è positivo? È positivo o non lo è affatto? Cos’è un individuo, una persona? Cosa ci rende umani? Si può essere se stessi, o non c’è alcun se stesso che si possa essere? In che misura l’amore è dono e non dolore?

Ergo Proxy è diverso. In una industria che ci abitua sempre più, anche in ciò che dovrebbe essere arte, all’usa e getta, ci forza a prenderci tempo, pensare, ponderare, supporre, senza rinunciare a intrattenerci, stuzzicarci, coinvolgerci. È un anime da spettatore sveglio, pronto, non è progettato per una fruizione singola e passeggera, ma per una visione attenta, curiosa, per uno spettatore attivo.

Ergo Proxy è per i diversi. E dunque parla di personaggi incompresi, a volte emarginati, sempre alla ricerca, “altri” e ne parla a un pubblico “altro”. Se siete in pace con la vita mondana, se la non vi terrorizza, se non chiedete, cercate, volete sapere, se non ci sono domande e dubbi che vi grattano alle soglie della coscienza, quest’anime rimarrà un gran bello spettacolo, di cultura, emozionante, ma non riuscirete a provare un briciolo di affezione per i protagonisti. Perché non avete nulla in comune. In caso contrario, le dinamiche e le spinte che muovono i personaggi, vi saranno chiari come la luce del giorno, e si sa, la simpatia è patire insieme.
Per tirare le somme di questa lunghissima, ma dovuta, critica retrospettiva, Ergo Proxy è un anime egregio, complesso, eseguito ad arte, un capolavoro per palati raffinati. E soprattutto, non è un anime da imbecilli.

lacaduta.it

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By Anam

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