ENYS MEN (SubITA)

Titolo originale: Enys Men
Paese di produzione: UK
Anno: 2022
Durata: 96 min.
Genere: Horror, Visionario
Regia: Mark Jenkin

Film diretto da Mark Jenkin, è ambientato nel 1973 su un’isola remota e disabitata a largo della costa della Cornovaglia. Racconta la storia di una naturalista (Mary Woodvine), che giunge sull’isola per osservare e studiare un fiore molto raro. Questo suo soggiorno, però, si trasformerà in un’esperienza metafisica, che la porterà a domandarsi se tutto ciò sia reale o no.

Come cantava in “Rainy Day Women”, “everybody must get stoned”. E ora c’è Enys Men [+] di Mark Jenkin, sicuramente uno dei pochi film a oggi a collegare la geologia alla psichedelia e alle esperienze extracorporee, con un doppio senso che non ha nulla da invidiare a quello di Dylan. Il cinema di Jenkin si svolge – per usare una parola di moda – in una zona “liminale”, immergendosi negli strani incontri della vita marittima lungo la costa della Cornovaglia, con tutta quella foschia, nebbia e solitudine. Una pietra eretta, simile a un obelisco, può essere solo questo, per quanto inquietante, per gli estranei, ma per i marinai che attraversano le isole locali sulla loro rotta, diventa un pilastro di superstizione e significato.

Presentato in anteprima questa settimana alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes, Enys Men coinvolge e raggela in misura moderata, ma manca dell’ispirazione dirompente di Bait [+], il suo precedente lanciato dalla Berlinale, che aveva suscitato un giustificato entusiasmo per Jenkin come potenziale nuovo maestro del cinema britannico. Bait aveva la capacità di osservazione del di Ken Loach, che denunciava con rabbia i cambiamenti sociali in una delle aree più disagiate del paese, ma era inserito in un’estetica da film muto che creava un’estasi cinematografica. Mentre le preoccupazioni ambientali e sociali di Enys Men (che significa “isola di pietra” nella lingua della Cornovaglia) derivano direttamente dal legame che Jenkin ha da sempre con la zona, l’esperienza si colloca più nella scuola modaiola dell’horror popolare contemporaneo, evocando ma non riuscendo a raggiungere i livelli di Midsommar di Ari Aster, Ben Wheatley e Don’t Look Now di Nicolas Roeg (uscito nel 1973 – anno in cui Enys Men è ambientato – ma che sembra non avere età).

Passata al ruolo di protagonista dopo una parte da non protagonista in BaitMary Woodvine è una “volontaria” senza nome del Wildlife Trust, che si stabilisce da sola, un po’ misteriosamente, per circa un mese su una piccola isola al largo della costa della Cornovaglia. Il suo compito consiste semplicemente nel registrare gli effetti ambientali locali su una zona ricca di rari fiori bianchi, situata vicino al artificiale di una miniera di stagno fuori servizio. Un improbabile senso del tempo comico era una delle rare virtù di Bait, e Jenkin ottiene un pizzico di umorismo con molti inserti ravvicinati della volontaria che scrive “Nessun cambiamento”, giorno dopo giorno, sul suo diario scientifico.

I timbri delle date si avvicinano progressivamente al 1° maggio, o May Day, e il film inizia ad aggiungere un po’ di volatilità alla sua superficie placida. In un’utile esposizione della radio d’epoca di Woodvine (che si sintonizza anche su una frequenza che trasmette elettronica d’ambiente e funk in stile Blaxploitation), apprendiamo che il menhir, o pietra eretta, simile a Stonehenge, che occupa il centro esatto dell’isola, è visto dagli abitanti del luogo come un elemento che permette di ricordare episodi di del passato, in modo non molto diverso da come la radio stessa trasmette flash vitali dal mondo esterno in questo paesaggio primordiale. In prossimità dei pistilli del fiore iniziano a comparire dei licheni rossi, di cui viene preso nota nel registro. E, cosa ancora più intrigante, il nostro senso di chi sia effettivamente la volontaria e le sue possibili relazioni passate nell’arco della sua vita si scompongono in percorsi a più fili e biforcazioni, espressi in una serie lampeggiante di corrispondenze e tagli associativi.

Guarda anche  LUA VERMELLA [SubITA]

La finalità del film sembra essere la cura dell’ambiente: le cose belle e i modi di fare che saranno inghiottiti dal mare tra 50 anni, secondo la spaventosa previsione della crisi climatica che stiamo affrontando. Ma ciò sembra più vago, meno urgente e volubile, rispetto agli spaccati di vita della Cornovaglia che questo regista è stato in grado di catturare in precedenza.

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By Anam

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