ELSE (SubITA)

Titolo originale: Else
Paese di produzione: Francia, Belgio
Anno: 2024
Durata: 100 min
Genere: Fantastico, Horror
Regia: Thibault Emin

Anx, un giovane introverso, e Cass, una donna intensa, si svegliano dopo una notte insieme. Ma il mondo fuori si sta spegnendo: un virus sconosciuto induce gli infetti a fondersi letteralmente con ciò che toccano — muri, mobili, perfino drappi. Costretti alla clausura in un minuscolo appartamento, la loro storia d’amore si trasforma in un esperimento di fusione corporea, dove la materia diviene nemico e amante.

Parlo a te, pelle inquieta: Else non scende in scena. Invade.

È un film che ti inghiotte con la delicatezza di un veleno amoroso: Anx e Cass non scelgono il mondo, il mondo li sceglie — e li assimila. Thibault Emin, al debutto, riplasma la fantascienza come specchio distorto di un’intimità che implode. Non cerca effetti facili: costruisce una catarsi estetica, una mutazione viscerale, un rituale di fusione tra carne e materia che fa implodere l’io.

Il virus non è un nemico conseguente alla trama: è la trama. Con le mani ci stringono al collo, ci fondono con le pareti, e mentre i corpi si deformano, le anime si intrecciano. È uno specchio: se guardi, vedi l’orrore e la tenerezza della dipendenza.

Gli effetti speciali — premiati a Sitges e Screamfest — sono artigianato di poesia sporca. La fusione corporea non è solo trucchi: è un’idea, un concetto fisico. La scena del “cane” fuso? Un trip viscerale che ti resta inciso sotto la pelle.

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La fotografia di Léo Lefèvre è liquida ma granulare, come sabbia cosmica dissolta in acquerello nero. Gli interni diventano paesaggio onirico: il virus dilaga là dove i sogni vanno a morire. Aspettatevi silenzi primi di dissolversi, rumori organici (frotte di cellulari che si fondono, pelle che cede) e un tappeto musicale che non culla, ma ci trasforma.

Il film ascolta una linea gnostica: ciò che è materiale ingloba e disintegra l’anima, e l’amore—se non resiste—muore in un’anastomosi di forme. Else è una parabola esoterica: muta il corpo per interrogarti sulla forma dell’essere. Non ti dice “resisti”. Ti mostra cosa succede quando smetti di esistere come te stesso.

L’epilogo non risolve: dissolve. Non parla di salvezza, ma di metamorfosi eterna. Forse è il prologo di un altro continente mentale. Di un’altra specie.

Uno specchio spezzato a cui persino Cronenberg o Lynch avrebbero timore di guardare — eppure Emin ha avuto l’arroganza di spremerlo fino all’osso.

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