Titolo originale: El mar
Nazionalità Spagna
Anno: 2000
Genere: Drammatico, Guerra
Durata: 107 min.
Regia: Agustí Villaronga
Manuel Tur e Andreu Ramallo hanno dieci anni quando la guerra civile arriva all’isola di Maiorca. Il loro primo incontro con la crudeltà della guerra avviene nel vedere coi propri occhi il genitore di un loro compagno ordinare la fucilazione del padre di un altro. Dieci anni trascorrono e i due si ritrovano in un sanatorio dell’isola. Entrambi figli della guerra e della miseria, affrontano la tubercolosi che li affligge in modo totalmente differente. Ramallo si sforza di ignorare la malattia, Manuel si rifugia nella religione. Tra i due inizia una nuova amicizia basata sulla fascinazione di Manuel per la vitalità di Ramallo e dall’ammirazione di quest’ultimo per l’integrità del primo. A poco a poco, rendendosi conto che il sentimento che lo lega a Ramallo è qualcosa di più della semplice amicizia, la rigida impostazione religiosa di Manuel entra in crisi…
Chi ha apprezzato (amato non si può dire) il pugno nello stomaco di ‘Tras el cristal’ non può perdersi questo altro capitolo del disperato immaginario di Augustì Villaronga.
Anche questa è una storia di morte. La morte che cambia la vita dei ragazzini durante la guerra, la morte sanguinosa della tubercolosi, la morte della speranza. E anche qui, indissolubilmente intrecciata, la passione lacera e muove i personaggi. Ad aggravare la miseria e la disperazione delle giovani vite in gioco, questa volta, si aggiunge anche la religione. La religione che allontana Ramallo dalla sua unica speranza di felicità, l’amore per suor Francisca. La religione che spinge Tur a rinnegare le proprie pulsioni costringendolo ad azioni al limite della follia. Due modi di vivere il cristianesimo diversi (più equilibrato quello di Francisca, più estremo quello di Manuel) ma altrettanto nefasti.
Anche questo film non è per tutti. Meno estremo di ‘Tras el cristal’ ma altrettanto disturbante e claustrofobico.
Villaronga dimostra ancora una volta la sua abilità nel trattare una materia così ‘pesante’ senza mai scadere nel patetico o, peggio ancora, nel ridicolo. Merito, oltre che dell’indubbio talento, anche di una ‘misura’ che investe ogni dettaglio del film, dai dialoghi alla musica. I giovani interpreti catalani (tutti esordienti o quasi) sono bravissimi e perfetti.
Un plauso speciale e personale per la rappresentazione dell’infanzia come luogo (anche) di ferocia e per i maltrattamenti agli animali. Possiamo vedere un uomo che prende a pugni in faccia una donna e non fare una piega. Un calcio a un gattino ci scandalizza.
Recensione: asianworld.it