DEATH OF A MAN IN THE BALKANS [SubITA]

Titolo originale: Smrt čoveka na Balkanu
Nazionalità: Serbia
Anno: 2012
Genere: Commedia, Drammatico,Grottesco
Durata: 80 min.
Regia: Miroslav Momcilovic

Attenzione: presenti spoiler che secondo me non rovinano comunque la visione.

Una sola inquadratura. Una piccola casa. Il salotto, la cucina che si intravede, la porta del bagno. Nient’altro. Un uomo piazza la webcam, quella, appunto, che ci offrirà quell’unica inquadratura. Poi, fuori campo, si sente uno sparo. L’uomo si è ammazzato.
Parte così Death of a Man in the Balkans, che io sappia il solo terzo film completamente in pianosequenza della storia (non faccio ricerche, vado a memoria mia) dopo Arca Russa di Sokurov e Pianosequenza (ahahah) di quello sciagurato di Louis Nero. Ora, se vogliamo essere pignoli, definire pianosequenza quella che è un’inquadratura ferma è un pò forzato, sta di fatto che non ci sarà mai uno stacco, mai. Non siamo in un film di impianto teatrale, non siamo in un film metateatrale, qui siamo praticamente davanti al teatro tout court, un teatro ripreso da una webcam. L’uomo è morto e il vicino, sentito lo sparo si precipita a casa sua. Poi arriverà la moglie di un altro vicino, poi l’altro vicino stesso e via via, la casa del morto sarà un luogo di pellegrinaggio continuo. Soggetto geniale (da fare al cinema dico, abbastanza classico invece da teatro), per un film praticamente unico nel suo genere. Il del morto è appena fuori dell’inquadratura, riusciremo a malapena a vederne i contorni.

E parte così un (a tratti) divertentissimo film da camera che mostra un’umanità grottesca uscire ed entrare in quell’appartamento. Un’umanità sprezzante della morte, quasi incapace della minima empatia per quel lì in terra.

Un morto è un corpo morto, niente di più, una volta che l’hai visto, a meno che non hai legami affettivi con lui, non è che te ne freghi poi un granchè.
Anzi: “Si vedeva che voleva morire, ieri ha preso un’anguria intera”
“Uno che ascolta questa musica è portato al suicidio” “Uno che ha tutti questi libri prima o poi si ammazza”
I due vicini si siedono sul divano, bevono, giocano a scacchi e aspettano la polizia. In un paio di scene formidabili uno prende un pò d’aria davanti al condizionatore e in un’altra i due si mettono a suonare un lungo corno africano. Per non parlare della scorreggia (“Ma ti pare normale scoreggiare nella casa di un morto venti minuti dopo che si è ammazzato?”). Arriverà l’impresario delle pompe funebri (per primo, anche prima di polizia e paramedici), poi gli stessi medici che si limitano a confermare il suicidio mentre una ricarica il cel e l’altro segue una partita di calcio, poi i poliziotti, uno che riceve continue e infuocate chiamate dalla moglie e l’altro invece sempre fermo, immobile, impassibile. Il morto fa parte dell’arredamento, ognuno pensa soltanto per sè e a banalità varie.
Gli attrezzi tedeschi da rubargli, farsi belli per l’arrivo della tv, trovare una scusa dopo l’altra per bere (“E’ tradizione bere in onore del morto!”).

Un vero e proprio colpo di genio della sceneggiatura è quando i due vicini si incazzano con il defunto perchè per colpa del suo suicidio il loro palazzo verrà enormemente deprezzato (“Ma non poteva ammazzarsi in un parco, gettarsi dal ponte? che stronzo). E un altro in quel catalogo dell’impresario di pompe funebri appoggiato sul morto prima di uscire, come a dire: qua ci sono prima io. Attenzione, il film a volte si fa un pò pesante, ma non per la presenza di tempi morti (anzi, sono sempre convinto che a teatro i tempi del levare siano più formidabili di quelli del battere) ma perchè se a teatro credo che questa piece possa risultare formidabile, vederla invece così, come un film, è una fruizione non facilissima. E certo il serbo, a tratti molto molto divertente come lingua, alla lunga può risultare però pesante. A me è sembrato una specie di Pasticciaccio Brutto gaddiano ambientato in un interno, con questo morto, con questi poliziotti, con questa strana, povera e semplice umanità che gli gravita intorno. Si arriva almeno a due momenti talmente grotteschi da sfiorare il limite del verosimile, con l’agente immobiliare che fa vedere la casa malgrado quel in terra e con quella pizza da offrire a tutti ordinata preventivamente dal suicida. Tante le metafore, alcune anche parecchio forti, come ad esempio quella di un paese ipocrita che fa soltanto finta di piangere i suoi morti continuando invece a pensare solo ai propri interessi. E poi entra l’unica persona responsabile e non grottesca del film, quella specie di poliziotto della scientifica, e fa notare a tutti che c’è la webcam. Ormai quello che hanno fatto hanno fatto. Tutti vedranno le immagini. Si prova a rimediare, si piange, ci si comporta bene, si onora il morto. Poi arrivano le candele, e poi un buio finale che nasconde definitivamente un’umanità ipocrita, un’umanità che riesce a dimostrarsi tale soltanto nel momento stesso in cui sa di essere osservata. Chapeau

Guarda anche  LIBERTE' [SubITA]

Recensione: ilbuioinsala.blogspot.it

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By Anam

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