CLIMAX [SubITA]

Titolo originale: Climax
Nazionalità: Francia
Anno: 2018
Genere: Drammatico, Horror, Thriller, Visionario
Durata: 95 min.
Regia: Gaspar Noé

L’universo postmoderno di Noé

A distanza di tre anni dall’erotismo in tre dimensioni di Love [id., 2015], Gaspar Noé è tornato nel maggio scorso sulla Croisette di Cannes per presentare la sua ultima fatica, Climax, riaffermando l’unicità e la natura eccezionale dell’universo cinematografico di un autore che vanta, comunque la si giudichi, una poetica coerente estremamente riconoscibile e personale che lo rende inevitabilmente uno dei nomi più importanti del panorama contemporaneo. Paradigmatico del contemporaneo è d’altronde Noé, se è vero ciò che scrive Alberto Libera, cioè che la «preoccupazione principale del cinema contemporaneo, una volta cessata la modernità, sia quella di ri-enunciare il rapporto tra lo spettatore e l’immagine e, in seconda battuta, tra realtà, rappresentazione e immaginario»1. E, dietro l’apparente narcisismo provocatorio (l’accusa più spesso mossa al regista franco-argentino dai suoi detrattori), il carattere che pervade tutto il cinema di Noé è per l’appunto questa propensione, tipica della postmodernità, a manipolare coscientemente il medium cinematografico, delineando una riconfigurazione dell’ di rappresentazione e smascherando la natura ontologicamente simulativa e virtuale dell’immagine filmica. Autentico leitmotiv della sua produzione, perlomeno dal punto di vista speculativo, insieme alla dimensione esperienziale, questa autoriflessività («ogni film è un documentario sul corpo dell’immagine»2 scrive Lorenzo Esposito) è nondimeno uno degli elementi di maggior interesse di Climax, opera in cui si dispiega attraverso il ricorso a quelli che sono, infine, i due grandi motivi del film: in primo luogo, la natura performativa, e dunque ancor più dichiaratamente simulativa, dell’opera; secondariamente, la necessità di scontrarsi con i limiti della rappresentazione dell’orrore, del perturbante, in definitiva di ciò che in Lacan attiene al Reale. Tutto ciò, all’interno di una cornice che è l’universo meta-testuale e autoreferenziale tipico dell’autore, cioè infine il carattere che più convintamente ci consente di inscriverlo nell’esperienza del postmodernismo. E lo stesso Climax si distingue per l’uso consapevolmente ludico della materia filmica attraverso la consueta ricerca virtuosistica sul piano visivo, il ricorso all’interpellanza diretta dello spettatore tramite scritte in sovraimpressione e, naturalmente, i rimandi a un immaginario cinematografico del tutto eterogeneo.
Un film che offre dunque, a chi si prefigge di compiere un lavoro di tipo analitico, un cospicuo numero di suggestioni, che ci si ripropone di delineare e approfondire nelle prossime pagine.

Climax: una performance horror immersiva

Prima di proseguire con l’analisi è il caso di esporre brevemente la sinossi di Climax. Dal punto di vista prettamente narrativo il film è particolarmente essenziale e lineare: siamo nel 1996 (il film è ispirato a un caso di cronaca avvenuto quell’anno) e venti giovani ballerini vengono selezionati per l’ingresso in una compagnia di danza che prevede, infine, un viaggio negli Stati Uniti. In seguito alle prove, i ragazzi organizzano una festa all’interno del collegio in cui alloggiano, che ben presto si trasforma in un incubo allorquando gli effetti dell’LSD che qualcuno ha aggiunto alla sangria scatenano un’allucinazione collettiva dagli esiti funesti.
Come nella prima parte di Enter the Void [id., 2009] (e parzialmente in Love), dunque, Noé torna a confrontarsi con la resa visiva delle e degli effetti successivi al consumo di droga. A differenza delle scelte che caratterizzarono Enter the Void, sostanzialmente una visione in soggettiva che ricercava un’immediata e totale identificazione spettatoriale, in Climax ciò che interessa a Noé è invece la configurazione di un immaginario orrorifico che introduca più gradualmente lo spettatore nell’incubo perturbante e claustrofobico che caratterizza la seconda parte del film (pur non rinunciando Noè all’uso della ripresa in semi-soggettiva).

[…] continua a leggere tutta la recensione qui.

Guarda anche  HMYZ [SubITA]

Recensione: specchioscuro.it

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