BECKY [SubITA]

Titolo originale: Becky
Paese di produzione: USA
Anno: 2020
Durata: 93 min.
Genere: Drammatico, Thriller, Azione
Regia: Jonathan Milott,

In lutto per la morte della madre, l’adolescente Becky crede di aver vissuto il peggior momento della sua vita e non ha alcun timore nell’andare in gita con il padre al lago. L’arrivo inaspettato di quattro detenuti in fuga le dimostrerà però che al peggio non c’è mai fine.

Se, guardando il trailer del film, avete pensato che Becky sia una specie di versione horror-comedy di Mamma, Ho Perso l’Aereo, non avete tutti i torti, ma dovete eliminare subito la parte comedy dall’equazione e prepararvi a ondate di niente affatto ridicolo gore. Perché Becky fa tremendamente sul serio. Non illudetevi che sia un PG13 basandovi sulla giovane età della protagonista, una Lulu Wilson ormai reginetta dell’horror contemporaneo, che qui tiene in piedi il film quasi da sola. Avrà pure 15 anni l’attrice, e 13 il personaggio, ma Millot e Murnion sono i due registi di Cooties, e quindi al diavolo il PG13 con cui potete anche pulirvi lì dove non batte il sole; qui c’è una sociopatica in erba che fa a fette, in senso letterale, un gruppo di neonazisti appena evasi dal carcere, che hanno la pessima di piombarle a casa e tenere in ostaggio suo padre e la sua futura matrigna.
A capo dei nazi, troviamo nientemeno che Kevin James, attore di solito impiegato in commedie demenziali, e dimostrazione vivente di quanto sia dannoso il type casting, perché adesso lo voglio a interpretare ogni spietato antagonista in ogni horror da qui ai prossimi 20 anni, grazie.

E ora voi potreste redarguirmi dicendo che, per come ve l’ho raccontato, Becky somiglia proprio a una commedia. Ti pare che una ragazzina capace di tenere in scacco quattro energumeni della fratellanza ariana può risultare verosimile se presa sul serio?
È proprio questo il fattore di eccellenza di Becky, ciò che distingue il film da decine di prodotti simili che, al contrario di quanto fanno i suoi due registi, la buttano sul ridere. Becky non soltanto rende (quasi) sempre credibili le azioni della protagonista, ma le dà dei motivi importanti per essere arrabbiata col mondo, le fornisce una storia, per quanto già vista molte volte, che pesa come un macigno ed è funzionale a non fare di lei una caricatura, ma anzi a connotarla come un personaggio di spessore. E questa è la prima tappa fondamentale per riuscire nell’impresa.
Al secondo posto c’è la questione della credibilità, che è cosa diversa dalla verosimiglianza, caratteristica ricercata da molti, ma che a me ha finito per risultare insopportabile. Becky è credibile, ma non vuole essere verosimile. Cosa significa? Che credi a quello che accade sullo schermo, senza per forza costringerlo nei ranghi ristretti e il più delle volte ottusi della realtà. E ci credi perché il film ha una forte coerenza interna.
Per farla breve, siamo più dalle parti di Green Room (che comunque tendeva a un maggiore realismo) che di Home Alone.

Il film imposta il suo tono grave con una sequenza in particolare che vede per la prima volta i nostri nazisti in azione e che ti fa subito capire come non ci sia proprio niente da ridere. Anche se il peggio viene lasciato fuori campo non per questo ciò che accade è meno agghiacciante. Ci viene così detto, in pochi secondi, e senza sprecare neanche due parole, che questa gente non ha scrupoli e che nessuno è al sicuro. Nel frattempo abbiamo conosciuto Becky e, a differenza del modello tipico di ragazzino “simpatico” presente in questo tipo di storie, quelle basate sul canovaccio “bambino pieno di risorse contro adulto malintenzionato”, per intenderci, non è lì per compiacerci, rassicurarci, farci tenerezza o rispondere alle nostre aspettative. Becky è una persona che soffre, Becky è una furia, Becky è imprevedibile. E il film con lei.

Questa imprevedibilità è un altro punto forte del film: non si possono fare pronostici su come andrà a finire, su cosa succederà, su chi morirà e chi sopravviverà. Certo, Becky è il punto fermo intorno al quale ruota tutto, ma non esiste un personaggio che non sia sacrificabile. Soprattutto, non possiamo sapere fin dove si spingerà la protagonista nella allucinante spirale di violenza innescata nel momento in cui i nazi hanno messo piede a casa sua, e abbiamo il fondatissimo sospetto che ci provi anche gusto, nel macellare i suoi nemici. Oltre alla sacrosanta rabbia vendicativa, c’è in Becky una componente oscura: non si sta soltanto difendendo, non sta soltanto facendo ripagare con gli interessi agli aggressori ciò che hanno fatto. Ci sta mettendo il calibro da 20 e la cosa non le dispiace affatto, perché le sue azioni non sono accidentali, sono preparate con cura meticolosa, e se è sempre fonte di sguaiati festeggiamenti casalinghi vedere un tizio con una svastica tatuata dietro la nuca che perde un occhio o che viene fatto a brandelli da un motore fuoribordo, una parte di me si domanda cosa sarà di questa ragazzina quando tutto sarà finito, se sarà mai possibile tornare indietro dai luoghi in cui si è dovuta spingere. E credo che neanche questo sia accidentale, non completamente, almeno.

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Ma Becky brilla anche nel comparto tecnico, e in particolare in un settore a me particolarmente caro: il montaggio. Alana Canant, il montatore, trova delle soluzioni narrative molto interessanti e usa le transizioni come un piccolo dio sceso in terra. Guardare la sequenza d’apertura, che alterna la mattinata di Becky a scuola e la vita in carcere delle sue future vittime, e avrete un’ precisa di quello che sto dicendo. Anzi, il termine alternare non è neppure troppo preciso, perché il passaggio da un ambiente all’altro è così fluido da dare una vivida impressione di simultaneità tra due avvenimenti che si svolgono in due luoghi diversi, ma la cui sostanza è, di fatto, identica. Mi piace anche il dosaggio del ritmo, che sa essere frenetico quando è necessario, ma si dilata all’occorrenza per dar maggiore respiro e introspezione alla vicenda.

Becky è poi, da sola, un personaggio straordinario, e io spero con tutto il cuore di rivederla, perché ha tutte le carte in regola per diventare seriale. Non penso sia poi un’utopia, dato che il finale è aperto e lascia un paio di cose in sospeso. Non aspetto altro che vedere Becky strikes again, o Becky va alla festa della Lega, Becky partecipa al raduno del e, per concludere in gloria, Becky impazza alla convention dei fan di Star Wars. Datemi un film con Becky protagonista all’anno e nessuno si farà male.
O forse, anzi molto probabilmente sì.

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By Anam

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