BARN [SubITA]

Titolo originale: Barn
Paese di produzione: Norvegia
Anno: 2019
Durata: 157 min.
Genere: Drammatico
Regia: Dag Johan Haugerud

Racconto fluviale (anche se non sempre fluido) Beware of Children del norvegese Dag Johan Haugerud è un lavoro encomiabile, che a tratti sembra riportare alla mente i ritratti familiari di Cristi Puiu. Presentato alla Mostra di Venezia nella sezione collaterale Giornate degli Autori.

I bambini (non) ci guardano
Lykke, tredicenne di un politico laburista, ferisce gravemente il suo compagno di classe Jamie, figlio a sua volta di un importante politico di destra. Nessuno ha assistito alla scena nel campetto di una scuola in un quartiere di Oslo. Jamie muore poco dopo in ospedale. Nel cercare di ricostruire la dinamica dell’incidente verranno messe in discussioni le certezze delle famiglie coinvolte e degli insegnanti… [sinossi]

Ciò che è, come dovrebbe essere e come si presume sarebbe meglio che fosse. I nostri caratteri, come dovremmo apparire e cosa pretendiamo da noi stessi. Infine le espressioni con cui diciamo la realtà, con le parole che dovremmo usare per indirizzarla e le parole che invece servono per comprenderla. La complessità dei e la stolidità delle regole. Sono molti i fili che si intrecciano in Beware of Children (il titolo originale è Barn, semplicemente “bambini”), il complesso, speculativo film del norvegese Dag Johan Haugerud che oltre a essere regista è uno scrittore. E si sente. L’articolata sceneggiatura non lascia indietro nulla delle vaste trame psicologiche aperte da un incidente terribile, che nessuno ha visto e che scuote la comunità di un quartiere di Oslo. Ma Haugerud sa anche far riverberare le non banali domande del suo film nella messa in scena e nelle immagini, a partire da quella iniziale dove alcune linee di luce assumono improvvisamente un senso prendendo la forma di un campetto da calcio, il luogo dell’evento traumatico cui non assisteremo. Qualcosa di confuso e inespresso diventa verbale, figurativo, significante. E assume sempre più stratificazione fino a diventare inestricabile, non risolvibile in elementi stabili e universali. Il luogo del “delitto” ricorre più volte nel film, dividendolo romanzescamente in capitoli e chiudendolo con una bellissima scena di ritorno alla vita, alla normalità, che implica proprio l’interruzione del narrare. Beware of Children è un film raffinato e ricchissimo, realizzato inoltre con estrema consapevolezza del perché in una scena i movimenti di macchina debbano essere intrusivi, in un’altra algidi e ravvicinati o altrove distanti e intimi.

Beware of Children è però soprattutto un racconto appassionante che prende le mosse da un episodio che nessuno ha visto: una ragazzina, Lykke (Ella Øverbye), ha un alterco con un compagno di classe, Jamie, e lo ferisce. Il colpo è tale che Jamie non sopravviverà a lungo e morirà in ospedale. L’insegnante che doveva essere presente, Anders (Jan Gunnar Röise), si è attardato nei locali della scuola, mentre sua sorella Liv (Henriette Steenstrup), preside dell’istituto, deve capire come si sono svolti i fatti. La di Lykke, il cui padre è un parlamentare laburista, reagisce proteggendo la ragazzina. Il padre di Jamie, un importante esponente della destra norvegese (e amante segreto della preside della scuola), è distrutto dal dolore e vuole giustizia. La detection in ogni caso dura poco perché il centro di Beware of Children non è tanto capire come sono andate veramente le cose (e non lo potremo sapere mai con assoluta certezza) ma mostrare come reagiscono le persone di fronte a un fatto scabroso che non dovrebbe accadere, ovvero la morte di un ragazzino per mano di un coetaneo (in questo caso, poi, un maschio viene colpito a morte da una femmina). Di fronte a una crepa sociale di tale portata, in una comunità ordinata e civile si cercano falle nel sistema di controllo e nelle procedure, rassicurazioni e spiegazioni, mentre ogni personaggio emerge con le proprie rigidità e le proprie flessibilità. Regole, parole, ruoli, apparenze da mantenere sono schemi dentro cui normalmente teniamo il mondo ma quando accade qualcosa di imprevedibile quelle forme mostrano la loro precaria consistenza e la necessità di una continua negoziazione. Ogni personaggio farà quindi i conti con se stesso, perché nessuno è privo di contraddizioni e conflitti (Liv, femminista e progressista, è innamorata di un uomo che professa anche idee xenofobe), ma l’ostacolo più difficile è fronteggiare le costruzioni sociali e la loro efficacia reale.

Beware of Children prende in esame i due ambiti in cui le persone, prevalentemente, crescono: la scuola e la famiglia. E questi ambiti sono oggi sia estremamente protettivi verso i bambini sia estremamente ignari circa la loro vera identità. della norma e del conforto, quindi della negazione di ogni ombra, famiglie e scuole faticano a gestire la transizione verso la sfaccettata vita adulta provando a rimuovere l’ambiguità e il male. Per questo anche tutti i personaggi adulti sono “barn”, bambini bisognosi di schemi per eludere il caos. Se il film di Haugerud è molto nordico – alcune discussioni o forme del politicamente corretto sono distanti anni luce dalla cultura italiana, per esempio – i tasti che tocca sono centrali in una narrazione che affronta la difficile di educare e crescere ponendo un dubbio forse poco gradevole, ossia che i figli siano un fatto sociale più di quanto non siamo disposti ad ammettere. E che (ma questo è più “accettabile” e infatti è anche più ovvio) da adulti la sopraffazione del sociale ci deformi più di quanto vorremmo. Il film scorre per oltre due ore e mezza punteggiato da scene memorabili, girate benissimo e con grande varietà espressiva: la discussione in campo lungo di Anders e il suo compagno sull’avere dei figli; l’immobilità durante il dialogo tra insegnanti che segue un piccolo “scherzo” dei ragazzi (che hanno disegnato un cazzo sulla lavagna); il momento più intimo e rivelatorio di Lykke assieme ad Anders, fatto di primi piani e abbracci; il raggelante incontro tra la ragazzina e il padre del bambino morto. Beware of Children è un lavoro encomiabile e per certi aspetti ricorda i ritratti fluviali del rumeno Puiu (Sieranevada). Estremamente attento e rispettoso dei propri personaggi, Beware of Children non possiede pienamente però il dono della fluidità, che nel racconto corale è forse l’elemento che fa la differenza, non è immersivo ma razionale, squadrato e un po’ distaccato, come un susseguirsi di sequenze doverose e centrate. E forse, per essere rapiti fino in fondo dai suoi 157 minuti, questo senso di giustapposizione teorica risulta un piccolo limite.

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