ALTIPLANO [SubITA]

Titolo originale: Altiplano
Nazionalità: Belgio, Perù
Anno: 2009
Genere: Drammatico, Visionario
Durata: 109 min.
Regia: Peter Brosens,

Grace è una fotografa di guerra che in seguito a un terribile incidente in Iraq ha deciso di lasciare la sua professione. Il marito, Max, è un chirurgo oculista che lavora in una clinica in Perù. In un vicino a lui la gente sta morendo per da mercurio. Ignorando i motivi reali delle morti, i paesani, presi dalla rabbia per le morti, assaltano la clinica dove lavora Max che resta coinvolto negli scontri e muore. Grace si reca così sull’altopiano. Il suo destino si troverà unito a quella di Saturnina, una donna locale che ha perso anch’essa il marito.

Sorprendente esordio sulla scena cannense per il duo Jessica Woodworth – Peter Brosens, che ha presentato oggi il suo secondo lungometraggio di finzione, il lirico e audace Altiplano, alla Settimana Internazionale della Critica. Une coproduzione belgo-tedesco-olandese che conferma l’originalità dei due registi distintisi a Venezia nel 2006 con il Leone del Futuro per Khadak.

di Turubamba, nell’Altiplano del Perù, una zona isolata delle Ande: una statua della si rompe durante una processione. Iraq: una fotografa belga scatta, nonostante le minacce, una foto dell’esecuzione della sua guida locale. È nel fracasso dei confini del mondo che comincia un film dalle grandi ambizioni: denunciare gli effetti devastanti del colonialismo economico in America Latina e immergersi nella spiritualità delle forze della Natura e della religione attraverso le disavventure tragiche di semplici abitanti del pianeta.

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Il tutto in uno stile narrativo che mischia realismo, simbolismo e un lirismo quasi sovrannaturale (che strizza l’occhio a La montagna sacra di Alejandro Jodorowsky), accompagnato da un’impronta visiva molto forte (flashback in bianco e nero, immagini video, giri di camera, scenografie maestose e una splendida firmata da Francisco Gozon). Un’opera che si assume ogni rischio e che non cerca l’approvazione unanime degli spettatori, i quali potrebbero rimanere sconcertati da alcune scelte drammatiche.

Sceneggiato dalla coppia di registi, Altiplano racconta il destino incrociato di due donne. Una, la peruviana Saturnina (una Magaly Solier eccezionale come nel recente d’Oro berlinese Fausta) vede i suoi progetti di matrimonio annullati a causa del grave inquinamento delle acque del suo dovuto allo minerario ultra intensivo. L’altra, Grace, fotografa di guerra in depressione (l’iraniano-tedesca Jasmin Tabatabai) perde il marito belga (Olivier Gourmet), medico umanitario e sfortunata vittima del furore degli abitanti di Turubamba contro gli stranieri (“Andatevene dalle nostre terre, maledetti assassini”). Una morte che spinge Grace in un viaggio e redentore in cui la sua anima entrerà in simbiosi con quella di Saturnina.

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Denuncia dei crimini economici ed ecologici realmente perpetrati nel 2000 in Perù e inchiesta quasi etnologica sui rituali mistici della popolazione locale, Altiplano tratta anche il tema del potere dell’immagine (“Una foto non ha mai fermato una guerra” – “Non morirò in silenzio, né invisibile”). Un insieme di problematiche e un trattamento molto personale che ne fanno un’opera tanto affascinante quanto fuori dagli schemi.

Prodotto dalle società belghe Bo Films (struttura dei registi) e Entre chien et Loup, i tedeschi di ma.ja.de. Filmproduktions e gli olandesi di Lemming Film, Altiplano è venduto all’estero dai britannici di Meridiana Films.

Recensione: cineuropa.org

By Anam

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