
Titolo originale: Time Travel Is Dangerous
Paese di produzione: Regno Unito
Anno: 2024
Durata: 99 minuti
Genere: Commedia, Fantascienza
Regia: Chris Reading
Sinossi
Due amiche di Muswell Hill, Ruth e Megan, gestiscono un negozio vintage in crisi finché non trovano una strana giostra d’epoca che si rivela essere una macchina del tempo funzionante. Iniziano così a viaggiare nel passato per recuperare oggetti preziosi da rivendere, ma ogni salto lascia ferite nel tessuto della realtà. Quando Megan rimane intrappolata in una dimensione parallela chiamata The Unreason, Ruth deve allearsi con un gruppo di eccentrici scienziati da club del tempo per riportarla indietro e impedire che l’universo collassi.
Recensione:
Time Travel Is Dangerous è una piccola bomba temporale travestita da mockumentary leggero, un film che parte come una marachella vintage e finisce come un rito cosmico in cui il passato non è più un luogo, ma un animale vivo che può morderti. Chris Reading modella una storia che sembra innocua, quasi buffa, e invece scava profondissimo nella nostra ossessione per ciò che è stato, nel feticismo degli oggetti, nel desiderio di trattenere qualcosa che la linea del tempo avrebbe voluto lasciar morire.
Ruth e Megan non sono eroine, sono due anime storte ma luminose, capaci di vedere nel vecchio un valore che trascende il mercato: la nostalgia come portale, come vibrazione occulta. Il loro negozio è un piccolo santuario del passato, e quando trovano la giostra–macchina–del–tempo, è come se l’universo avesse risposto al loro richiamo. Ma la risposta non è mai priva di prezzo. Ogni oggetto rubato a un’epoca diventa una specie di squilibrio, come un’eco che rimbalza in dimensioni non proprio benigne. Il film non te lo urla, lo suggerisce: il passato non vuole essere derubato.
La dimensione The Unreason è il punto più intrigante: non un mondo alternativo, ma una specie di archivio fratturato dell’esistenza, come se i concetti stessi avessero perso forma. Qui il film tocca un livello quasi metafisico, come se stesse dicendo che dietro la realtà c’è un ordine che non siamo autorizzati a vedere. E Megan, intrappolata lì, diventa una specie di simbolo dell’essere umano che spinge troppo oltre il confine della propria nostalgia.
L’umorismo è gentile, tenero, ma sempre accompagnato da una sensazione sottilmente sinistra: la risata che fai perché non vuoi ammettere che c’è qualcosa di sbagliato nel tessuto della storia. La regia finge lo stile povero del mockumentary, ma dietro c’è una costruzione precisa, quasi chirurgica: piccoli dettagli, distorsioni lievi, quella strana impressione che qualcosa sia fuori posto nel fotogramma. È la firma di un viaggio temporale fatto male, come se l’immagine stessa fosse infettata dagli spostamenti.
Il film parla anche di amicizia, ma la tratta come una forza cosmica, qualcosa che piega il tempo più di qualsiasi marchingegno. Ruth che sfida un multiverso informe per recuperare Megan è un gesto che non appartiene alla scienza, ma alla magia del legame umano. Ed è forse questa la parte più bella: il film non tenta mai di spiegare la fisica del tempo, ma la fisica dell’affetto.
Ciò che resta, alla fine, è una riflessione quasi amara su quanto siamo disposti a sacrificare per conservare le cose, per tornare indietro, per afferrare quello che crediamo ci appartenga. Il tempo non ama essere manipolato, sembra dirci Reading, e quando lo fai ti risponde con una lingua che nessuno ha mai tradotto. È pericoloso, sì — ma anche irresistibile. Perché ciò che ci uccide è spesso la stessa cosa che ci affascina.
