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Titolo originale: Waterloo
Paese di produzione: Italia
Anno: 2018
Durata: 18 min.
Genere: Corto, Drammatico, Visionario
Regia: Francesco Selvi
18 giugno 1815.
Un uomo scruta da un promontorio la macelleria che sta sulla piana di Waterloo, è esausto, ha perso tutto. Da Waterloo non si alzerà mai più. Da allora la storia è cosparsa di miriadi di Waterloo, personali o collettive. La città notturna, luogo di fantasmi e apparizioni, è il campo di battaglia allucinato di un Napoleone esausto ma forse non ancora del tutto domo. Nel suo girovagare notturno viene scandita passo passo la genesi di una sconfitta, che da personale diventa universale. L’occhio umido del nostro Napoleone, teneramente disperato, incontra i segni tangibili della fine prossima della nostra società. Ma in fondo la storia è ciclica, eterni ritorni di Waterloo seguite da Marengo…e avanti così, per l’eternità.
Waterloo indaga il senso di sconfitta a partire dal titolo stesso. Il nome di questa storica battaglia suscita ancora oggi forti sensazioni e crea subito un immaginario di disfatta, di battaglia terminale dopo di cui ogni futuro è azzerato. Da tempo mi interessa capire e indagare i meccanismi che ci fanno valutare vincente o meno un’esistenza. Waterloo, per esempio, fu una sconfitta determinata da tanti fattori, fra cui le condizioni atmosferiche, ma anche l’inettitudine di alcuni generali dall’armata napoleonica…un insieme di causali che, mischiate fra loro, sono diventate casualità, un caos di cui non si può venire a capo.
Insomma, dietro ad ogni sconfitta si nasconde una vittoria mancata, e quel manque è proprio quello che mi interessa. Del resto a questa battaglia finale Napoleone si presenta ormai stanco, gonfio, esausto. Mentre il duca di Wellington durante la giornata di combattimento sarà sempre sul fronte, macinando 80 km a cavallo, Napoleone non uscirà quasi mai dalla propria tenda, quasi ad attendere un finale già scritto, quasi a gettarsi direttamente verso la fine. Luciano, protagonista del film, trasmette per me tutte queste sensazioni. I suoi occhi ed il suo viso scavato sono già un campo di battaglia. Conscio della fine combatte la propria lotta allucinato, fra bagliori inesistenti e visioni fantasmatiche, soverchiato da una contemporaneità che, come la macchina del film, si presenta ignorante, rumorosa, veloce e fatua. Ma proprio perché necessaria quella battaglia va condotta più e più volte, anche quando si sa che la fine è già scritta, anche quando non v’è possibilità di riuscita. Un destino tragico ci attende, nonostante tutti i bagliori e i clamori attorno a noi tentino di sviarci. A noi non resta che lanciarci armati di quella rara qualità chiamata dignità.