THE HAXAN CLOAK – EXCAVATION

Inferno e morte, irrequietudine e incubo. Excavation è un viaggio quanto mai realistico nei luoghi più reconditi e oscuri dell’inconscio umano, nonché una fine prova di audiofilia ed estetica sonora. 

The Haxan Cloak, il ragazzo dietro lo spettrale moniker (haxan è tratto dall’horror muto del 1922 Häxan e in svedese significa “strega”) è Bobby Krlic, classe 1985, futuro compositore della colonna sonora di Midsommar (2019).

Affascinato dagli aspetti più “neri” della vita, Krlic preferisce tenersi alla larga dal termine “dark” e ricercare semmai quell’adrenalina che può offrirti il oppure il disagio.
Bobby cresce in una famiglia vicina alla musica, con il crust e l’hip hop passati dal fratello maggiore e scovando spunti compositivi in gruppi drone doom come Sunn O))) ed Earth, quanto in Trent Reznor. Temi ed intenti però lo slegano da una logica strettamente musicale, ricollegandolo concettualmente ai linguaggi cinematografici Lynch-iani, all’immaginario surrealista o alle colonne sonore di Wendy Carlos per Kubrick, in maniera tale da rievocare le nevrosi claustrofobiche di film come Eraserhead o Shining.

In Excavation, Krlic affronta i suoi addentrandosi in un oltretomba vivente, sfidando la stessa condizione umana di paura verso l’ignoto.

Le registrazioni di Excavation partono da materiale grezzo ricavato da strumenti acustici, tutti suonati da Krlic. Il risultato è però quanto più lontano possibile da un’ottica terrena, a parere dell’autore rappresentata da strumenti analogici e field recordings. I campionamenti di gong, timpani, percussioni d’orchestra ed archi vengono così sapientemente crushati, “disorientati” e distorti, col fine di creare un mood trascendentale nelle orecchie dell’ascoltatore attraverso un campionario di bassi in saturazione e rimbombi cavernosi.

Ne scaturisce un suono decisamente palpabile ed elaborato, vivo e solenne, dove ogni drone viene aperto in molteplici sfaccettature con un’estensione e una profondità notevoli. Le percussioni vengono in molti casi lasciate semplicemente propagarsi e, per quanto minimale sia il risultato, i battiti sono ben calibrati, come se ogni frammento di suono colpisse fisicamente l’ascoltatore in prima persona.

Recensione: sentireascoltare.com

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By andrea lo

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