THE COMPLEX FORMS

Titolo originale: The Complex Forms
Paese di produzione: Italia
Anno: 2023
Durata: 74 min.
Genere: Drammatico, Fantastico, Fantascienza, Visionario, Esoterico
Regia: Fabio D’Orta

C’è un’antica villa dove persone disperate hanno la possibilità di risolvere il loro destino vendendo il proprio corpo a un’entità misteriosa in cambio di denaro.

Un piccolo fenomeno che sta girando nell’horror indipendente italiano è The Complex Forms di Fabio D’Orta. Ma un fenomeno, cioè etimologicamente “quello che appare”, non si può certo racchiudere in un di grandezza: neanche se è girato con budget di 20.000 euro come ha fatto il regista milanese al debutto nel lungo, già definito “ultra-indipendente”. L’opera ha mietuto premi e consensi nei festival di genere, è stata presentata al Festival di Torino 2023 nella sezione Crazies e – in ultimo – ha raccolto allori al Vespertillo Awards, vincendo le statuette per la migliore fotografia e migliore produzione. L’uscita in sala, conoscendo la distribuzione italiana, è chiedere troppo. Ma cos’è questo film di 74 minuti, di cui il regista ha curato quasi tutto, dalla fotografia agli effetti visivi? Siamo in una grande villa che sembra fuori dal tempo. Qui un personaggio (David White), di cui non conosciamo il nome, sta compilando un modulo e porta avanti una trattativa davanti a una specie di direttore: alla fine ci mette la firma per un totale di dodici giorni. Giorni di cosa?

Addentrandoci nei meandri della struttura, scopriamo solo in fieri la sostanza del racconto: gli ospiti della magione sono persone in difficoltà esistenziale e economica, senza ormai appigli nella vita e con disperato bisogno di denaro. Accettano quindi di lasciarsi possedere da alcune creature, non meglio specificate, che detengono i loro corpi per alcune giornate in cambio di soldi. Poi li rilasciano. Alla domanda se gli esseri sono già arrivati per procedere, viene risposto di no, in tal caso si sarebbe sentito un tuono… Il regista ci immerge nella dimora con un elegante bianco e nero, che non suona fine a se stesso ma serve per astrarre la vicenda collocandola fuori dal tempo, in uno spazio immateriale, un limbo; è qui che si conoscono e confrontano tre personaggi che non sanno niente l’uno dell’altro, ugualmente disperati, e si pongono in posizione di attesa aspettando la possessione. Il racconto però, mentre si attende, non cade nella trappola dell’impostazione meramente teatrale, bensì continua sempre a puntare sul piano visivo, studiando al dettaglio i movimenti della macchina da presa e ritagliando così immagini potenti.

Siamo nel territorio dell’horror metafisico, naturalmente, che avanza a passo grave e strategico fino alla rivelazione. Volendo si potrebbe trovare perfino un lato politico, filosofeggiando sui poveracci che vendono i loro corpi, ma è superfluo perché il punto della questione si rivela essere altro: le creature. Quando l’attesa beckettiana finisce, infatti, gli esseri si mostrano e tutto acquista la sua vera dimensione: sorta di aracnidi giganti, orrori ambulanti a molte zampe, rimandano ovviamente alla di e lasciano sospettare che siano mostri pre-umani, ossia provenienti da uno spazio-tempo precedente alla comparsa della nostra razza. Chi sono davvero e cosa rappresentano? L’interpretazione è aperta. Dall’altra parte i gusci umani vagano in una condizione di miseria tale da preferire consegnarsi ai mostri. Se poi verranno rilasciati o meno, non è dato sapere. Ciò che più colpisce in The Complex Forms è però un’altra cosa: nella costruzione delle creature, laddove molti indie avrebbero capitolato, il film regge perfettamente. E anche bene. Le “forme” sono plausibili, magnetiche e inquietanti: sia la loro pura essenza che le movenze, primordiali e atemporali, sostengono la visione sino alla fine. Si capisce che dietro c’è un lungo e accurato lavoro sugli effetti visivi, sempre del regista, che conduce a un risultato francamente sconcertante date le risorse di partenza. Ma, evidentemente, c’è ancora chi riesce a ragionare senza soldi e con la sola forza delle idee.

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