
Titolo originale: Les saignantes
Titolo internazionale: The Bloodettes
Paese di produzione: Camerun
Anno: 2005
Durata: 90 min
Genere: Fantascienza, Erotico, Visionario
Regia: Jean-Pierre Bekolo
Sinossi:
In un Camerun del futuro prossimo, due giovani donne — Majolie e Chouchou — si muovono tra le ombre di una società corrotta, dominata da uomini di potere in declino e da riti funebri che diventano cerimonie di potere. Quando una di loro uccide accidentalmente un ministro durante un incontro sessuale, le due ragazze devono liberarsi del corpo, muovendosi in un mondo di decadenza politica, rituali mistici e seduzione, dove il sesso è l’unica arma rimasta contro il potere maschile.
Recensione:
Les saignantes è un film che trasuda sangue e desiderio, un’opera che non racconta semplicemente il Camerun — lo svena, lo apre, ne mostra le viscere come in un sacrificio rituale. Jean-Pierre Bekolo costruisce una fantascienza erotica, afro-futurista e sensuale che travolge come un’onda calda e oleosa, una distorsione poetica e ribelle in cui il corpo femminile diventa il vero campo di battaglia della modernità africana.
Nel suo mondo viscerale e pulsante, il futuro non è un’utopia di progresso, ma una parodia grottesca del presente: un sistema marcio in cui la carne si vende e il potere si decompone. Le due protagoniste, Majolie e Chouchou, incarnano una femminilità non più domestica o sottomessa, ma famelica e sovversiva. Sono streghe, cyborg e sacerdotesse contemporanee, che alternano il gesto erotico al rito politico, dissolvendo i confini tra l’amore e la rivolta.
Bekolo usa il linguaggio del cinema come una danza: i movimenti di macchina sono ipnotici, la luce vibra come un liquido, e i corpi vengono filmati come oggetti sacri e profani allo stesso tempo. L’estetica è quella di un cyber-sogno africano, in cui la tecnologia e il misticismo convivono senza contraddirsi. Il regista non imita il futuro occidentale, lo reinventa, lo “africanizza” con una carica erotica e spirituale che lo rende unico.
C’è un senso di teatralità rituale in ogni scena: la morte del politico diventa un atto sacramentale, la decomposizione un ritorno al ciclo naturale della vita, e il sangue — il vero protagonista del film — una metafora della memoria, della colpa e del potere. In Les saignantes, la biologia si fa politica: il corpo è la sede dell’insurrezione, e la pelle nera, il suo manifesto.
Bekolo non si limita a provocare — predica, ma con il linguaggio della trasgressione. I dialoghi sembrano scolpiti in un tempo sospeso, più simili a incantesimi che a battute cinematografiche. Le immagini si intrecciano come in un sogno al ralenti, dove ogni inquadratura ha il sapore dell’oracolo. L’erotismo non è mai gratuito: è un atto di appropriazione, una forma di resistenza al dominio maschile e coloniale, un gesto di riappropriazione del corpo come territorio politico.
La fantascienza, nel film di Bekolo, non serve per fuggire dal reale, ma per scavarlo più a fondo. L’Africa di Les saignantes non è una distopia, è un rito di passaggio. Ciò che si dissolve non è solo il corpo del ministro, ma il confine tra la vita e la morte, tra il potere e la decomposizione. La carne e il sangue diventano metafore di una società che non può più sostenere il peso della sua stessa corruzione, e che solo attraverso la femminilità riesce a trovare un linguaggio nuovo, più autentico e primordiale.
L’opera di Bekolo si iscrive nella corrente dell’afrofuturismo più radicale, ma ha una voce tutta sua: spirituale, carnale, anarchica. È come se Jodorowsky fosse nato a Yaoundé e avesse deciso di girare Holy Mountain con un’estetica fatta di sudore, musica pulsante e odore di carne arsa. Les saignantes è un film che ti resta addosso, che ti macchia, che ti entra sotto pelle come un veleno dolce e afrodisiaco.
È una preghiera rovesciata, un grido di libertà pronunciato con le labbra di due donne che non chiedono più il permesso di esistere. Un’opera che trasforma il sangue — quello mestruale, quello del sacrificio, quello del potere — in linguaggio universale, in poesia visiva e in urlo sensuale.
Chi guarda Les saignantes non assiste a un film, ma a una cerimonia: quella della rinascita di un cinema africano libero, erotico, visionario e politicissimo. Un cinema che non ha paura di sporcarsi di sangue per raccontare la verità.
