Titolo originale: Terra em transe
Nazionalità: Brasile
Anno: 1967
Genere: Drammatico, Grottesco
Durata: 111 min.
Regia: Glauber Rocha
Paulo (Jardel Filho) è un poeta idealista impegnato politicamente: la sua volontà è dare un contributo decisivo alle rivendicazioni del popolo e dei sottomessi, ma l’idealismo e la buona volontà non bastano. Capisce troppo tardi, infatti, di essere diventato uno strumento della reazione.
Con più di un debito verso la Nouvelle Vague, Glauber Rocha costruisce un ulteriore tassello del cosiddetto “Novo Cinema Brasiliano”, da lui stesso inaugurato, con questo sconsolato e sarcastico ritratto di una classe dirigente e delle contraddizioni politiche che hanno aperto la strada al golpe del 1964, senza dare punti di riferimento narrativi e stilistici. Non ci sono elementi stabili nel continuo mescolamento tra presente, rimorsi del passato e illusioni per il futuro; e non ci sono nell’alternanza di sequenze furiose caratterizzate da un montaggio frenetico o dalla macchina da presa mobile e traballante (molte delle scene di folla, o il pre-finale) con piani-sequenza di stampo quasi teatrale. In generale, è un’opera frenetica e squilibrata, che spinge sul pedale del grottesco – che sia ironico o più drammatico – e sulla destabilizzazione del linguaggio tradizionale (i personaggi che rompono la quarta parete nei momenti di rivendicazione politica), metafora della volontà di contribuire al cambiamento non solo del cinema brasiliano, ma anche di dare una testimonianza politica e sociale più vasta. Ambizioso, anche se non del tutto riuscito a causa di qualche passaggio ridondante: in ogni caso, da recuperare. Gran Prix al Festival di Locarno.
Recensione: longtake.it