
Titolo originale: No mires a los ojos
Paese di produzione: Spagna
Anno: 2022
Durata: 117 min
Genere: Drammatico, Thriller, Psicologico, Grottesco
Regia: Félix Viscarret
Tratto dal romanzo: Desde la sombra di Juan José Millás
Dopo aver perso improvvisamente il lavoro, Damián, un uomo di mezza età fragile e disilluso, entra casualmente in un appartamento durante un trasloco e finisce per nascondersi dentro un grande armadio. Da quel momento osserva la vita della nuova famiglia che abita la casa, senza farsi scoprire, trasformandosi in un invisibile testimone delle loro esistenze — e in un ospite occulto che si convince di appartenere al loro mondo.
No mires a los ojos è una di quelle opere che partono da un presupposto assurdo, quasi da commedia nera, e si trasformano progressivamente in un dramma disturbante e malinconico. Félix Viscarret adatta il romanzo di Millás con una sensibilità che unisce ironia, solitudine e alienazione urbana, firmando un film sospeso tra il surreale e l’intimo.
Damián (un eccezionale Paco León) non è un mostro, ma un uomo svuotato. Il suo rifugio dentro l’armadio diventa un grembo, un antro psichico, un luogo dove il fallimento si trasforma in illusione domestica. Da lì, osserva la famiglia che vive inconsapevole della sua presenza, e si convince di farne parte.
Quello che nasce come un gesto di fuga si trasforma lentamente in una forma patologica di appartenenza: l’amore malato, la paternità fantasma, la vita rubata agli altri come eco della propria.
Viscarret filma tutto con toni soffusi e ambigui, alternando humour e tensione, grottesco e compassione. Non c’è il voyeurismo di Rear Window né l’horror puro del “home invasion”: qui c’è una solitudine che si nutre di intimità altrui, un’esistenza parassitaria che diventa quasi poetica.
La fotografia gioca su chiaroscuri morbidi e spazi domestici claustrofobici, dove il confine tra il dentro e il fuori si fa sempre più sottile — come se l’armadio non fosse più un nascondiglio, ma una soglia verso un’altra forma di realtà.
Il film si muove tra Kafka e Haneke, ma con un tocco iberico che sa di malinconia quotidiana e humour nerissimo. È un racconto sull’identità e sul desiderio di essere visti, anche quando la visione fa male. Damián non guarda per spiare, ma per sentirsi vivo.
Nel suo epilogo, No mires a los ojos lascia un retrogusto amaro e metafisico: la vita che si osserva da dietro una fessura non è mai davvero nostra.
Un film che sussurra, che non urla, ma che ti resta addosso come una presenza silenziosa, proprio come il suo protagonista.
