REPERTOIRE DES VILLES DISPARUES (SubITA)

Titolo originale: Répertoire des villes disparues
Paese di produzione: Canada
Anno: 2019
Durata: 97 min.
Genere: Drammatico, Fantastico
Regia: Denis Côté

Presentato in concorso alla Berlinale 2019, Répertoire des villes disparues di Denis Côté (Boris sans Béatrice, Vic+Flo ont vu un ours, Curling) è un dramma estremamente rarefatto, sospeso, sgranato come la pellicola 16mm con cui è stato girato. L’elaborazione di un lutto inaccettabile si sovrappone allo sguardo su una cittadina destinata a diventare fantasma, su un paesaggio naturale che lentamente inghiottirà tutto. Un’opera singolare e ipnotica.

Lights Out
Irénée-les-Neiges è un villaggio sperduto nel Quebec. Ha solo 215 abitanti. La tranquilla e abitudinaria esistenza del villaggio è profondamente turbata dalla tragica scomparsa del giovane Simon Dubé, morto in un incidente automobilistico. Forse si è tolto la vita. Tutti si conoscono e nessuno vuole parlare dei particolari dell’incidente: per i genitori di Simon e per il fratello il dolore è insostenibile, il tempo sembra perdere qualsiasi significato e la loro depressione si diffonde tra altri abitanti. Le gelide giornate invernali si estendono all’infinito. Intanto, misteriose persone iniziano ad apparire dalla nebbia… [sinossi]

La ripesca inevitabilmente Les revenants (2004) di e quei ritorni dalla morte così volutamente anti-spettacolari, silenziosi, delle presenze inspiegabili ma pacifiche. Un film sospeso in una dimensione che di fantastico sembra avere pochissimo, quantomeno non i contorni classici. Spostandoci dalla Francia al Canada, ma sempre in zona francofona, risaliamo al 2017 e al tesissimo Les affamés di Robin Aubert, più che apprezzabile declinazione del genere zombesco. Più dei famelici morti che camminano (e corrono…), ci interessa l’aura di mistero che aleggia nel film di Aubert, quella strana e inquietante attesa che finisce per permeare i luoghi, i boschi, qualsiasi aperto.
Come per le Les revenants, in Répertoire des villes disparues le presenze non sono minacciose, o almeno non lo sembrano. Inquietanti, destabilizzanti, portatrici di un vuoto esistenziale, di un timore ancestrale che prefigura l’inevitabile fine: la fine di ieri, di tempi dimenticati e volti cancellati, e la fine di domani, assai prossima. E poi gli spazi aperti, i paesaggi a d’occhio, le lunghe strade dritte di campagna, le cave così aliene: i paesaggi ripresi in 16mm da Denis Côté, come quelli messi in scena da Aubert, finiscono per sovrastare la presenza umana, per far pesare come un macigno la distanza dalla città, da una comunità grande e inscalfibile.

Il cinema di Denis Côté, nuovamente in concorso alla Berlinale, vive di piccoli impercettibili slittamenti, movimenti utili per tracciare i confini mai domi del Canada rurale, francofono. Un cinema capace di scivolare via via nel sovrannaturale, anche se sussurrato (come la dimensione after life di Vic+Flo ont vu un ours), per rendere palpabile lo straniamento di una piccola comunità o di una manciata di individui. Poetica della (non) sopravvivenza, della sparizione, di una marginalità destinata a perire. Lasciate in campo lungo le riflessioni politiche, con la prima cittadina che prova a sbattere sul tavolo il suo piccolo pugno di ferro, Répertoire des villes disparues guarda soprattutto all’interno della comunità, alla sua strutturale e genetica debolezza. Alla congenita impreparazione al lutto, alla perdita. All’impossibilità di rigenerazione di una comunità così piccola, già messa a dura prova (più psicologica che fisica, oramai) da questa vita di confine. Territorio, lingua, cultura: è la stessa identità ad avere contorni fantasmatici.

Lo slittamento dall’elaborazione personale del lutto a una forma collettiva di ansia, via via sempre più concreta, è gestito da Côté con un più che apprezzabile utilizzo del fuori campo. Si veda, in primis, la sequenza all’interno dell’ e del bagno di Adèle (Larissa Corriveau): una sequenza thriller costruita su una sensazione, su un’ombra vaga, su un che sta prendendo altre forme. Come l’incidente iniziale, la morte/suicidio, i ragazzini con le maschere, le prime apparizioni. Tra le opere più interessanti del concorso berlinese.

Guarda anche  LA CICATRICE INTERIEURE [SubITA]

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