RENGETEG (SubITA)

Titolo originale: Rengeteg
Titolo internazionale: Forest
Nazionalità: Ungheria
Anno: 2003
Genere: Drammatico, Grottesco, Visionario
Durata: 90 min.
Regia: Benedek Fliegauf

Un’aspirante suicida abbandona il proprio cane, unico suo amico, a una esterrefatta sconosciuta; due ragazzi parlano di un ospite misterioso; un non si capacita della pubertà della figlia; un piange il dell’unico amico, senza trovare conforto nella sua compagna; una racconta uno scabroso ricordo della sua adolescenza; due ragazze si mettono alla ricerca di un misterioso amico perso nella foresta e nel mezzo del fluire di queste storie, la leggendaria apparizione del gigantesco pesce gatto.

Escludendo l’intrigante documentario Van élet a halál elött? (2002), Rengeteg (2003) è il primo effettivo passo di Benedek Fliegauf nel mondo del cinema, un film compiuto con una sua precisa identità che palesa già una certa stoffa registica da non sottovalutare, si tratta infatti di una carrellata di spaccati conversativi dove Fliegauf stringe la cornice in modo oppressivo sul volto degli che vengono ripresi con movimenti così nevrotici da far sembrare che il magiaro al posto della testa abbia una macchina da presa.
Le scenette che si susseguono, indipendenti le une dalle altre, edificano un tipo di coralità decisamente atipica [1] appunto perché non vi è alcun tipo di contatto fra gli uomini e le donne che a turno si avvicendano nella storia. In Fliegauf piazza qualche lampo pseudo-collante nei raccordi tra un passaggio e l’altro (ad esempio se si osserva bene è possibile vedere per una frazione di secondo l’aspirante suicida intento a svolgere le proprie faccende), senza contare che nel prologo (riattaccato in fondo al film con un piccolo dettaglio in più) tutti i personaggi si trovano nel medesimo luogo, ma aldilà di questi dettagli l’isolamento di ogni singolo pezzetto rende la pellicola decisamente anomala, una vera e propria scommessa che per quanto concerne il sottoscritto Fliegauf ha vinto alla grande.

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La varietà degli argomenti affrontati e la loro assoluta diversità, si va da momenti grotteschi come quello del pescegatto ad altri realistici con problemi di coppia e così via, sottendono però un comune denominatore che si esprime subdolamente in un malessere strisciante dentro ad ogni parola sputata, urlata, insalivata dalla fragilità umana; il logos si adombra, sgocciola lacrime nere, si manifesta marcescente in espressioni di coniugale, di paterna, di delusione personale, e illustra pieghe che hanno un retrogusto maligno dove Fliegauf suscita un’inquietudine toccabile, scomoda, penetrante (e due sono gli a cui riferirsi dove affiora l’indicibile potenza del fuori campo: il primo è quando due amiconi parlano di qualcosa che è lì davanti a loro ma che noi non vedremo mai, mentre il secondo giunge in coda ad uno dei segmenti meno incisivi – quello in cui una ragazza rimembra la nonna cattiva – che però ha nello sguardo allucinato della giovane tutta l’inesplorabilità dell’abisso).

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Rengeteg è intraprendente perché schiva il preconfezionamento della Spiegazione, racconta tracciando una serie di aneddoti la cui disorganicità rende comunque un senso di insieme che non trasmette niente di buono, ed è disinteressato a chiudere convenzionalmente con un sicuro the end preferendo la scomodità del dubbio. Merita.

Recensione: pensieriframmentati.blogspot.it

By Anam

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