RABIES [SubITA] 🇮🇱

Titolo originale: Kalevet
Nazionalità: Israele
Anno: 2010
Genere: Horror
Durata: 90 min.
Regia: Aharon Keshales, Navot Papushado

Un fratello e una sorella smarritisi nel bosco cadono nella trappola di uno psicopatico all’interno di un bosco. Lei rimane imprigionata lui scappa via in cerca di aiuto. E quel bosco in quel momento è frequentato da molte persone: un guardiacaccia col suo amatissimo cane , due coppie di ragazzi che stanno andando a un torneo di tennis la cui macchina si ferma proprio ai lati del bosco e infine c’è anche una coppia di poliziotti che mantiene l’ordine e la legge in modo molto, ma molto personale. I ragazzi che devono andare a giocare a tennis cercano di aiutare l’altro con la sorella intrappolata ma non sarà molto semplice. Il destino sembra avere altri progetti per tutti loro…

È molto recente la visione qui a bottega di Big Bad Wolves degli israeliani Keshales e Papushado  un film che ha ricevuto l’importante sponsorizzazione di un tale che si chiama Quentin Tarantino. I due avevano esordito nel lungometraggio con questo Kalevet, un horror virato tendenzialmente al grottesco, che è passato alla storia come il primo horror israeliano mai realizzato.

Che dire? Beh che forse se Quentin avesse visto anche questo di film, la sua sponsorizzazione sarebbe arrivata qualche anno prima? Per prima cosa parliamo del titolo: trovandosi di fronte a un film immesso da critica e pubblico senza tanti fronzoli nel calderone dell’horror, ho pensato che quel titolo Kalevet ( titolo originale mentre a livello internazionale è circolato col titolo Rabies o Rage) si riferisse a una malattia infettiva che colpisse i vari personaggi.

E invece ci troviamo di fronte a qualcosa di differente,il metaforone servito su un vassoio piombato in cui un gruppo di personaggi sperimenta sulla propria pelle quanto può essere assurda la malvagità di quello strano animale che risponde al nome di uomo e che cosa può fare con l’ausilio di quel sentimento che risponde al nome di rabbia, risentimento, sete di vendetta. O forse è solo istinto di sopravvivenza…

Come Big Bad Wolves, Kalevet è un perfido gioco al massacro in cui il destino si diverte a disegnare strane traiettorie per lanciare i suoi strali: tutti i personaggi che vediamo in scena indossano una maschera ad uso e consumo di coloro che li circondano : il fratello e la sorella nascondono un indicibile che è alla base della loro fuga, le due coppie che devono andare a giocare a tennis hanno anche loro il loro che condividono sia i due maschietti che le due femminucce ( e uso questo termine per indicare una sorta di amore primitivo e infantile che li anima tutti), la coppia di poliziotti che amministra la legge in modo troppo personale ( ma uno dei due sembra interessato solo a ricucire il rapporto col padre, mentre l’altro è interessato solo al sesso), lo stesso guardiacaccia che deve riallacciare le fila del rapporto con la moglie.

Keshales e Papushado adottano una messa in scena glaciale, geometrica, che da una parte si richiama agli slasher silvestri degli anni ’70 ma anche ai teen horror di questi ultimi anni con personaggi usa e getta funzionanti da carne da macello che incappano in psicopatici e affini che vogliono solo vederli fatti a fette e dall’altra al made in Tarantino, un delirio pulp in cui sangue e ferite da taglio abbondano come se piovesse.

È un film fatto con due e in qualche particolare si vede , ha qualche soluzione alquanto sbrigativa, il meccanismo narrativo a volte cigola e la parte col campo minato non è sviluppata come si dovrebbe, ma trasuda cinefilia e passione da ogni singolo fotogramma e trasforma in un solo un oggetto misterioso come il israeliano, puro oggetto da festival apprezzato solo dal pubblico delle varie kermesse internazionali, in un qualcosa che scende dal piedistallo del autoriale per pochi eletti per sporcarsi ginocchia e gomiti nel più puro di genere.

Guarda anche  SPOORLOOS (SubITA)

Ripeto, il metaforone dell’insensatezza della e dei conflitti è servito su un vassoio piombato e non si segnala per finezza ma quel finale che adombra la tragedia shakesperiana è veramente un mezzo colpo di genio che eleva questo prodotto rispetto alla media inflazionata del genere.

E i confini di quel bosco continuano a essere troppo frequentati.

Recensione: bradipofilms.blogspot.it

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By Anam

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