PORNOGRAFIA [SubITA] 🇵🇱

Titolo originale:
Nazionalità: Polonia
Anno: 2003
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale
Durata: 117 min.
Regia: Jan Jakub Kolski

Basato sul romanzo di Witold Gombrowicz, il film descrive la vita di un gruppo di persone in Polonia durante l’occupazione nazista. Per motivi diversi si trovano a convivere in una casa in campagna. Il mondo con i suoi problemi sembra restare sullo sfondo mentre emergono i legami e, soprattutto, l’intenzione di uno dei personaggi di dar vita a una vera e propria non dei corpi ma dei sentimenti. L’esito non potrà che essere tragico in un film che mostra come il cinema polacco possa avvalersi di attori decisamente validi anche se non noti dalle nostre parti. La regia poi sembra interessata ad innestare sulla trama dell’autore nazionale degli echi del Cechov di “Zio Vanja” con tutto il dolore e l’ineluttabilità che questi portano con sé.

Il sesso, la guerra e l’olocausto, filtrati attraverso le provocazioni di due maliziose adolescenti e i desideri di due ambigui uomini di mezza eta’, sullo scenario della Polonia del 1943. Il Nord si irradia lungo tutto lo scorrere del film. Anche se filtrate attraverso un’estetica patinata, molto poco distante dalla foto di moda, le luci sono quelle di certi fiamminghi, le immagini e i movimenti della strana famiglia allargata di ricordano da vicino la molteplicità gioiosa, opulenta e confusa di Fanny e Alexander. Colori chiarissimi: capelli biondi, pelli bianche, labbra rosee, pelli candide. L’insistenza e’ palpabile e sottolineata, nei vestiti della bella Enrica come nel riprendere bianchissimi cavalli. Solo ad un tratto compare, nascosto sotto terra e stretto in una botola, un gruppo di occhi neri e spaventati, immagine che rende superfluo il racconto del protagonista padre di una bimba ebrea deportata, così come l’allusione diretta alle persecuzioni degli ebrei (e dei loro colori). Sono fotografie mentali che l’insistenza iconografica di tutto il film, con le sue foreste verdeggianti, i ritratti di intellettuali amareggiati, la descrizione insistentemente raffinata di musica e sesso, aveva già evocato per paradosso. Così come l’insitenza sulla giovinezza come un territorio vergine e necessariamente sorgente di ossessioni contiene fin dal principio una componente malata che non necessita di precisazioni, che invece il film fornisce nel sottolineare la “depravazione” sessuale di una delle giovani protagoniste.

Ricco nella composizione dell’immagine e in alcuni movimenti di macchina, il film e’ girato in digitale ad alta definizione. Sicuramente ha il merito di deludere i sospettosi pregiudizi di chi da un titolo del genere si attende l’ennesima finta provocazione festivaliera. Il film polacco è troppo pulito e luccicante per destare eventuali reazioni pruriginose, ma rimane difficile pronunciarsi sulla sua capacità di coinvolgimento. Per quanto ben mescolati e ben recitati, i temi portati in scena (dalla politica alla morale, dal cinismo alienato e intellettuale alla ricerca di purezza) non si imprimono con vera forza. Rimangono comunque un lavoro visivo interessante (per quanto un’immagine come il viraggio finale al bianco e nero in concomitanza con il dissanguamento del protagonista sia una buona intuizione che rischia immediatamente il manierismo) e il disegno di un quadro sociale affascinante.

Contraltare: un grande film, come non se ne vedevano da tempo

1943. Durante la campagna polacca un padre si rende responsabile della perdita della figlia. C’è la partigiana, e ci sono i campi di concentramento. Ci sono i nazisti. C’è la guerra. Ma tutto questo non ha importanza. Apparentemente, infatti, questa cornice storica rimane sullo sfondo. In primo piano, invece, le vicissitudini di una famiglia che vive in una tenuta che sembra un inno alle attività bucoliche. I tedeschi compaiono solo per rifornirsi di generi alimentari se li si accontenta, non fanno storie. Quasi come in certi vecchi film sul sud degli Stati Uniti durante la guerra di secessione.

Un’atmosfera irreale, nella quale s’innestano le crudeltà perverse di Witold e del suo amico Frederik ai danni di Karol e di Enrica. Una storia di vicende personali, quindi, nelle quali la Storia sembra non entrarci per niente. Frederik sarebbe persino simpatico, se non fosse che piace a tutti e se non fosse superdotato. Superdotato? E’ qui che sta la del titolo? Ebbene no: la dote particolare di Frederik è quella di possedere un udito sviluppatissimo, tale da fargli sentire anche i rumori più infinitesimali. La storia procede su questi binari.

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E ci si chiede che cosa c’entri la pornografia, e a che cosa serva il controluce storico. La rivelazione arriva nell’ultima mezz’ora di film. Ed è devastante. Non rovinerò la sorpresa ai possibili spettatori. Basti sapere che tutto cambia: la realtà viene rivoltata come un calzino, Frederik viene mostrato finalmente nella sua vera natura, la Storia fa irruzione e diventa protagonista. Un grande film, come non se ne vedevano da tempo. Il grande cinema europeo torna a fare irruzione alla Mostra di Venezia. E nessuno uscirà illeso dalla proiezione di questa pellicola straordinaria e spiazzante.

Da vedere. Assolutamente. Almeno per poterne discutere. Perché l’indifferenza è l’unica sensazione che l’opera di Kolski non potrà suscitarvi. Due intere ore della vostra vita per questa mirabile visione. Fidatevi: ne vale la pena.

Recensione: sentieriselvaggi.it + mymovies.it

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By Anam

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