PERPETUITY [SubITA]

Titolo originale: Mindorokke
Paese di produzione: Ucraina, Ungheria
Anno: 2021
Durata: 77 min.
Genere: Drammatico
Regia: György Pálfi

Nel corso della sua versatile carriera cinematografica, composta da sette lungometraggi a partire dall’aneddotico Hukkle (2002), che gli è valso l’European Discovery Prize dell’EFA, György Pálfi ha spesso giocato con gli aspetti surreali e mostruosi della vita, in particolare nello scioccante Taxidermia (2006). Dopo due film di umorismo piuttosto come Free Fall (2014) e His Master’s Voice (2018), l’ultimo dramma apocalittico del regista, Perpetuity – che ha avuto la sua anteprima mondiale all’interno della Selezione ufficiale del Festival Black Nights di Tallinn – sembra dialogare ancora una volta, in termini stilistici, con il body horror di Taxidermia, destreggiandosi tra situazioni e personaggi grotteschi, e sottintendendo significati sconcertanti.

La trama prende il via in un aeroporto – un ambiente sterile che fa da contrappunto all’oscenità generale del film – dove uno schermo ci informa di una guerra in corso nell’Europa orientale in cui gli aerei prendono il volo per poi schiantarsi sul territorio devastato. Da qualche parte nella decadente Ungheria rurale, il guerriero armato Oscenas (Tamás Polgár con un volto che esprime sia che disgusto) fruga tra le macerie di una catastrofe aerea come un avvoltoio che fiuta la sua preda, setacciando oggetti ormai inutili provenienti da vite occidentali iperprotette, ultimi resti di oasi sicure sulla terra che potrebbero non sopravvivere ancora per molto, come suggerisce l’atmosfera generale. Più tardi, scambia le merci con liquori a buon mercato e organizza feste alcoliche in un ospedale militare, offrendo momenti di gioia ai sofferenti. Coinvolto in una relazione sessuale un po’ bipolare con un’infermiera (Mercédesz Érsek-Obádovics), viene anche agganciato dalla sopravvissuta all’incidente aereo Margitka (Júlia Ubrankovics), che ha muscoli atrofizzati e attività cerebrale in frantumi, condividendola con un compaesano in giochi di sporco erotismo. Un protagonista diretto con una traiettoria lineare ma inutile, Oscenas non sembra particolarmente commosso dal disastro che lo circonda, né turbato dalle ferite che non gli si cicatrizzano sulla schiena. Cammina imperturbabile attraverso un marcio e contorto abitato da esseri che sono stati smembrati e mentalmente devastati dalla guerra, guidati dal principio dell’occhio per occhio. Un cecchino senza scopo che sceglie bersagli innocenti e la vista di strane creature come un gatto sphynx rugoso e animali mutanti sconosciuti si aggiungono all’ambiente inquietante, avvolto nella fotografia di Tamás Dobos composta da primi piani ripugnanti e carnosi e con una tavolozza marrone polverosa. Oscenas sembra essere parte organica di tutto questo, e presto diventerà anche una delle sue armi.

Basando la sceneggiatura sul romanzo di Sándor Tar, György Pálfi, insieme alla sua compagna e co-sceneggiatrice Zsófia Ruttkay, dimostrano ancora una volta il loro talento nel creare un originale e fantasioso oltre le aspettative del pubblico. Durante la scena di una festa in ospedale in cui vengono sventolate bandiere ungheresi e risuonano grida di ubriachi che lodano l’Ungheria, è facile pensare che Palfy stia offrendo una critica sovversiva dell’attuale stile di governo e nazionalismo di Victor Orban. Sebbene ciò possa essere vero, soprattutto considerando la mancanza di sostegno statale ricevuto dalla produzione, Perpetuity è tutt’altro che meramente politico. Raggiungendo un livello esistenziale più universale attraverso la rappresentazione di perpetue paure interiori, e senza insistere su alcun messaggio in particolare, il film trasmette abilmente un’ansia conscia o inconscia che perseguita molti di noi in questi giorni; quella sensazione familiare e comune, costantemente fomentata dal newsfeed globale, che il mondo come lo conosciamo stia andando a rotoli.
(https://cineuropa.org/it/)



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