LABYRINTH OF CINEMA (SubITA)

Titolo originale: Labyrinth of Cinema
Paese di produzione: Giappone
Anno: 2019
Durata: 179 min.
Genere: Drammatico, Storico, Sentimentale, Visionario
Regia: Nobuhiko Ôbayashi

Presentato nella retrospettiva The Tyger Burns del 49 International Film Festival Rotterdam, Labyrinth of Cinema è l’ultima opera di quel genio surrealista di Nobuhiko Ōbayashi. Strettamente connesso al suo precedente Hanagatami, sempre passato all’IFFR, il film è un atlante sentimentale di cinema, letteratura, storia che parte dalla città natale del regista, Onomichi, città del cinema.

I ragazzi che saltavano nel cinema
Una sala cinematografica prossima alla chiusura, sul lungomare di Onomichi si trasforma in una macchina del tempo che trasporta tre giovani attori in diversi momenti cruciali della storia giapponese, aspettando l’evento devastante dell’esplosione della atomica nella vicina Hiroshima. [sinossi]

Il mare, le colline, il treno, i comignoli da cui esce il fumo, le lanterne di pietra. Così inizia uno dei capolavori del cinema di tutti i tempi, Viaggio a Tokyo di Yasujiro Ozu, mostrando un ambiente periferico, di un Giappone ancora tradizionale, in contrasto con la modernità della capitale. Dopo aver pescato un grande pesce, la famiglia di contadini di L’isola nuda, altro capolavoro del cinema nipponico, opera di Kaneto Shindo, va a venderlo al mercato della città vicina, guadagnando un cospicuo, per loro, gruzzolo, che gli permette il lusso di un pranzo al ristorante. Entrambi questi momenti sono ambientati a Onomichi, cittadina sul mare interno del Giappone, nella prefettura di Hiroshima, risparmiata dai bombardamenti americani durante la guerra perché vi erano detenuti molti prigionieri. Onomichi è una città del cinema, come anche riconosciuto con il suo piccolo museo della settima arte. E Onomichi è città cara, anche per avergli dato i natali, a Nobuhiko Ōbayashi, ottuagenario maestro, genio del surrealismo cinematografico, autore di opere come Hausu.

Da Onomichi, e da un suo piccolo cinema, partono le avventure di un gruppo di tre giovani, attori, nell’ultima opera del Maestro, Labyrinth of Cinema, presentata al 49 IFFR. Avventure nel cinema e nella storia, toccando alcune fasi cruciali, e drammatiche, del Giappone, le manifestazioni di Ee ja nai ka e la Restaurazione Meiji, la guerra Boshin, la guerra russo-giapponese, l’invasione della Manciuria, la guerra del Pacifico, passando da Pearl Harbour a Okinawa, fino ad arrivare come in un conto alla rovescia al fatidico 6 agosto 1945, alla carneficina dell’atomica. Con la parola “pika”, spesso pronunciata nel film, i giapponesi indicano quel bagliore intensissimo, accecante, come ricordato dai testimoni superstiti, sprigionato dalla deflagrazione della atomica su Hiroshima. Akira Kurosawa lo ha raffigurato con un grande occhio che si apre, in Rapsodia d’agosto. Ōbayashi associa il pika con il fascio di luce di un proiettore cinematografico, spesso inquadrato nel film, la sorgente primaria delle immagini, la fonte del tutto che viene associata alla sua disgregazione nucleare, alla sua atomizzazione.

E Labyrinth of Cinema, come recita il titolo stesso del film, diventa un caleidoscopico andirivieni nella settima arte, un miscuglio che passa dai chanbara giapponesi, ai western e i musical di Hollywood. Protagonisti sono degli attori, tre ragazzi che saltavano nel tempo, della storia e del cinema. Sempre consapevoli, come nelle loro frequenti battute, di essere dentro un film, di entrare e uscire dal cinema, a partire da quel momento iniziale dove saltano dentro lo schermo del cinemino, come Buster Keaton in La palla n° 13. Consapevoli, come i viaggiatori del tempo, di quello che succederà dopo. Così sono ossessionati dal film Muhomatsu no issho, ovvero L’uomo del Risciò, del 1943, che definiscono come il primo, sapendo quindi che ci sarebbe stato il più famoso del 1958 con Toshiro Mifune e Hideko Takamine. E sanno che a Hiroshima è imminente la caduta della bomba, passano davanti al palazzo su cui verrà sganciato l’ordigno, il cui scheletro diventerà l’emblema storico di quell’evento che cercheranno di impedire in un tentativo di far modificare la storia con il cinema, come ha fatto Tarantino. Un film può cambiare il futuro e anche il passato: così dicono i personaggi di Ōbayashi.

Labyrinth of Cinema si collega al precedente film di Ōbayashi, Hanagatami, proseguendo il suo atlante sentimentale di cinema e letteratura, sotto l’egida del poeta Choya Nakahara. Troviamo, in una commovente scena durante la guerra in Manciuria, isolati in bianco e nero, Yasujiro Ozu e Sadao Yamanaka, che a quella guerra parteciparono come soldati, il secondo dei quali senza fare più ritorno. Troviamo John Ford, Frank Kapre (Capra) e Mario Baba (Bava?), troviamo Sadao Maruyama, popolare attore morto nell’esplosione atomica di Hiroshima. Citata anche quell’immagine iconica, da Viaggio a Tokyo, dei personaggi seduti su un muretto sul lungomare. E come sempre il linguaggio di Ōbayashi gioca con il cinema, con il suo linguaggio e la sua storia, con i cartelli da cinema muto, e gli occhi di bue, con il cartello di intervallo, con i numeri di un conto alla rovescia all’inizio, come nelle pellicole. Con le sovrapposizioni in matte, con gli effetti push e turn page per raccordare le scene come girando pagine di un libro. E tornano le stesse facce con ruoli diversi, come il controllore del treno che avevamo visto prima con dei baffetti alla Hitler, riconosciuto come tale proprio come nel cinema riconosciamo lo stesso attore tra un film e l’altro. Tutto inscritto in uno scenario fantascientifico, tra astronavi, disegnate come sagome, pianeti allineati al bambino delle stelle di 2001: Odissea nello spazio. Un cinema, come quello dell’anziano regista, sempre proteso nel futuro come in un salto nel tempo.

Guarda anche  THE MIMIC (SubITA)

quinlan.it

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By Francesca R.
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