IL DIZIONARIO DEL DIAVOLO – AMBROSE BIERCE

I grandi Classici: e Il Dizionario del diavolo, una summa di cinismo e difetti umani ordinatamente esposti.

È un problema di sensibilità, di ipocrisia, e anche di pura e semplice comprensione. Così come per la poesia: al netto dei professori emeriti Pritchard, molti non hanno la concezione di ciò che sia veramente poesia (e chi ce l’ha, in effetti?), e molti non hanno quella di ciò che possa dirsi aforisma. «Stare qui è bellissimo», campeggia all’ingresso di una nostra esclusiva località di vacanza, illuminante sentenza con tanto di autore, con buona pace della definizione della Treccani che vorrebbe l’aforisma una:

«Proposizione che riassume in brevi e sentenziose parole il risultato di precedenti osservazioni o che, più genericamente, afferma una verità, una regola o una massima di vita pratica». Insomma, non è sufficiente che una frase sia breve per dirsi aforisma, così come non basta allineare le parole al centro per scrivere poesia, e il fatto che molti vogliano oggi fare gli aforisti (ci asterremo da maramalde ironie e facili esempi) non dà ragione automaticamente delle loro velleità: senza far nomi dell’attualità, diciamo che non vediamo all’orizzonte nessun Kraus, Wilde, o La Rochefoucauld. O Ambrose Bierce, se è per questo, che con il suo Dizionario del diavolo, scritto tra 1881 ed il 1960 compose una raccolta di aforismi appunto in forma di Dizionario.

Amicizia: un’imbarcazione abbastanza grande per portare due persone col mare calmo, ma una sola nella burrasca.

La quale cosa ci affascina, innegabilmente: del resto, ci eravamo a suo tempo occupati del Dizionario delle idee comuni di Flaubert, che rispetto all’opera di Bierce ha appena una punta in meno di corrosività, mentre forse solo Mark Twain può rivaleggiare con Bierce in quanto ad umorismo caustico. Per onorare il concetto di aforisma, diciamo che se il sarcasmo è un’arma e l’ironia un’armatura, Ambrose Bierce era ben equipaggiato per affrontare la tenzone: tanto da essere soprannominato Bitter, “amaro”; un’amarezza che dispiega sicuramente nel Dizionario del diavolo, considerata indubbiamente la sua opera migliore, ma anche nelle decine di racconti che costituiscono il resto della sua opera: lavori contrassegnati, oltre che da una sferzante visione dell’esistenza e dell’essere umano, anche da un’attenzione particolare al fantastico, al soprannaturale, alla morte. Storia a sé è la biografia dell’autore, di famiglia povera e militare per necessità, che partecipò attivamente alla Guerra di Secessione ed ebbe un’esistenza romanzesca con un picco di singolarità nella sua fine. La morte di Ambrose Bierce infatti è un mistero, fermo restando che a 71 partì per il Messico per partecipare alla Guerra Civile di Pancho Villa ed Emiliano Zapata e non facendo ritorno.

Filosofia: un percorso di molte strade che conducono da nessun luogo a nulla

In effetti, Bierce fu fonte di ispirazione per Lovecraft, per il cinema, per i fumetti, mentre nel giornalismo i suoi articoli furono ospitati dall’Examiner del magnate dell’editoria Hearst; e in linea di massima, viene tuttora considerato un maestro di stile in tutti i generi in cui ebbe a cimentarsi, tra cui quelli di guerra, venendo annoverato anche tra i fondatori del genere grottesco. Naturalmente, parlare di stile non ha molto senso nel caso dell’aforisma, limitato dalla sua brevità, per quanto nel Dizionario del diavolo vi siano lemmi anche sufficientemente lunghi da apprezzare la gamma lessicale di Bierce. Del resto, il Dizionario del diavolo non nasce come testo unitario (e nemmeno come Dizionario del diavolo, giacché il titolo originale era Il Vocabolario del cinico), ma come una raccolta di frasi sparpagliate su giornali e riviste: e chiedere unità stilistica a questa raccolta di sentenze su amore, morte, matrimonio, guerra, lavoro, religione, e morale; insomma su tutto lo scibile e la natura umana sarebbe quantomeno ingiusto.

Pace: nel diritto internazionale si definisce così un periodo di inganni reciproci compreso fra due fasi di combattimento aperto.

L’unità che si può e si deve ritrovare nel Dizionario del diavolo è quella di intenti, ossia mettere a nudo difetti ed ipocrisie sia della statunitense della fine del diciannovesimo secolo, che quelli endemici della natura umana. La quale natura umana sta determinando un progressivo oblio dell’autore, e in particolare del Dizionario del diavolo, di assai difficile reperimento. La qual cosa non ci stupisce poi molto: considerandola un corollario nonché logica conseguenza della nostra ultima aforistica citazione di Amborse Bierce:

Solitudine: condizione di chi ha il difetto di dire la verità e di essere dotato di buon senso

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