Titolo originale: Ghost Tropic
Paese di produzione: Belgio, Paesi Bassi
Anno: 2019
Durata: 85 min
Genere: Drammatico
Regia: Bas Devos
Khadija, una cinquantottenne, si addormenta in metropolitana dopo una lunga giornata di lavoro. Quando si sveglia a fine corsa, è costretta a tornare a piedi a casa. Il viaggio notturno la costringerà a chiedere e a dare aiuto ad altri nottambuli.
La visione che ha Donald Trump di Bruxelles, qualificata dal presidente americano come un “hellhole” (inferno), non è ovviamente condivisa dal regista belga Bas Devos – come già dimostrava il suo film intitolato proprio Hellhole [+], un racconto oscuro e poetico delle conseguenze degli attacchi terroristici del 2016 sulla città e i suoi snervati abitanti.
Ma Devos ha altro da dire sull’argomento. E ora torna, a soli tre mesi dalla prima di Hellhole alla Berlinale di quest’anno, con un altro titolo, Ghost Tropic [+], proiettato alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes. La paura ora ha fatto un passo indietro, lasciando spazio alla speranza e alla luce. Ma state certi che la poesia è sempre lì (non ultimo nel titolo enigmatico, forse un po’ strano, del film).
Si ride anche, e di gusto, quando Devos introduce la protagonista del film, interpretata in modo eccezionale dall’attrice di teatro francese Saadia Bentaïeb nel suo primo ruolo da protagonista al cinema. Khadija, una donna delle pulizie del Maghreb sulla cinquantina, e i suoi colleghi di lavoro si stanno godendo una pausa caffè/tè e si raccontano delle storie. E’ stato detto qualcosa di divertente, e la gioia è caldamente condivisa in questa comunità di persone di varie origini etniche, all’interno di questa metropoli europea di medie dimensioni che tutto sembra tranne un inferno.
La storia principale di Ghost Tropic inizia quando il turno serale di Khadija finisce e lei si dirige verso la metropolitana per tornare a casa. Si addormenta e si sveglia al capolinea, molto lontano da casa, praticamente all’ “altra estremità della città”. Poiché era l’ultimo treno, non ha altra scelta che iniziare a camminare, nell’ignoto, nella notte.
Senza rovinare questa meravigliosa piccola scoperta di Cannes 2019: sì, alla fine Khadija torna a casa, sana e salva. Qui, è il viaggio, e non la destinazione, che conta. Mentre attraversa una città fredda e gelata, incontra un gran numero di persone di mezzi, etnie e classi diverse, che si rivelano tutti umani, in un senso molto buono.
Una guardia di sicurezza lascia Khadija entrare in un centro commerciale chiuso per prelevare all’ATM dei soldi per un taxi (ma i suoi fondi sono insufficienti), il giovane cassiere di un negozio di alimentari notturno le offre un passaggio, un uomo ricco di un quartiere ricco le offre un lavoro (in una scena dalle molteplici letture) e un senzatetto la porta a rimandare la soluzione dei suoi problemi per offrire aiuto. Scorge anche un membro della sua famiglia, ma decide di non farsi riconoscere. E questa è la storia: gli incontri, l’apertura, la mancanza di paura, la speranza per il futuro – il tutto visto attraverso gli occhi di una donna delle pulizie mite con una grande integrità e di un regista-poeta che scorgono la felicità laddove gli altri vedono l’inferno. È un cinema molto delicato che merita di conquistare gli schermi.
cineuropa.org