FRANCESCA

Titolo originale: Francesca
Nazionalità: Argentina
Anno: 2015
Genere: Drammatico, Horror, Thriller
Durata: 80 min.
Regia: Luciano Onetti

Sono trascorsi 15 anni dalla scomparsa della piccola Francesca, figlia del celebre narratore, poeta e drammaturgo, Vittorio Visconti, e la è perseguitata da uno psicopatico che, seguendo la Divina Commedia, ripulisce la città dalle anime dannate e impure. Moretti e Succo, due della polizia, devono risolvere il caso quando Francesca sembra finalmente tornare, anche se non è la stessa ragazza che tutti conoscevano.

Film scritto, girato, musicato, montato, prodotto e distribuito da due fratelli argentini. Che amano talmente l’Italia e il nostro giallo/thriller degli anni 70 da girare un film che è mimesi perfetto di quel nostro cinema. Sono talmente maniacali nel riprodurlo che, addirittura, usano la nostra lingua. Zoppicante, attori mediocri, scene ai limiti del parodico. Eppure cazzo che stile, che operazione, che cuore che c’ha sto film. Impossibile non volergli bene.

Quante volte in questi anni abbiamo visto film che ci hanno rimandato alla memoria la grande stagione del giallo/thriller italiano degli anni Settanta? Tanti, tantissimi, chi in maniera più esplicita chi meno. Ma, ecco, Francesca va oltre, Francesca è un pò quello che è The House of the Devil per lo slasher-demoniaco anni 80, ovvero un’operazione di incredibile, perfetta e quasi commovente mimesi con un genere ed un’epoca precedente. Un film quasi unico insomma, che se non viene preso per quello che è, se non se ne capisce l’operazione, può risultare quasi invedibile. Il fatto è che anche i difetti di Francesca (mamma mia quanti), per paradosso diventano elementi che te lo fanno amare ancora di più.

Prendete la lingua, il doppiaggio. Francesca è un film dei fratelli Onetti, argentini. Ed è un film argentino in tutti i sensi, attori di là, girato laggiù. Eppure è talmente grande l’omaggio all’Italia e a quel nostro cinema che gli attori vengono fatti recitare in italiano. Creando un effetto quasi comico, un italiano con accento sudamericano per certi versi impresentabile.

Sì, ma vi rendete conto dell’amore che c’è dietro questa cosa? Attori che recitano in una lingua non loro solo per omaggiarci. Non solo, è talmente tanta la passione per la nostra lingua che i testi sono scritti in un italiano perfetto, da manuale, frutto di un’attenzione pazzesca. Ma non a caso nel film la Divina Commedia, ovvero la madre della nostra lingua per certi versi, è protagonista come pochi. In maniera abbastanza arbitraria e poco coerente, infatti, l’assassina usa i versi del capolavoro di Dante per punire i peccatori. Insomma, cinema italiano, lingua italiana, Divina Commedia, ma come si fa a non voler bene a sti fratelli? Che fanno tutto eh, scrivono il film, lo dirigono, lo montano, lo musicano, lo producono e distribuiscono. E tirano così fuori un giallo che più che il loro secondo film pare un film dimenticato e scomparso nella filmografia di Argento. I riferimenti, specie Profondo Rosso, ai film del Darione sono presenti in ogni inquadratura, che siano bambolotti, registratori, musiche (quasi identiche durante gli omicidi), costumi, scenografie, guanti (rossi invece che neri), armi da taglio e modus operandi dell’assassino, la stessa grana di sangue, le luci, addirittura le inquadrature ad altezza pavimento, ad esempio quella celeberrima del prologo di Profondo Rosso, qui praticamente replicato.

Ma tutto è replicato, la grana fotografica, l’ambientazione, l’epoca, gli zoom. E anche certi difetti, come le sceneggiature didascaliche che spiegano tutto, gli intrecci un pò arbitrari, facilotti e alla cazzo di cane. Insomma, una copia carbone che non è plagio ma atto d’amore. Eppure se non vediamo l’operazione, se vediamo solo il film, se uno spettatore sprovveduto (detto con rispetto, non come giudizio) capita in Francesca pe sbaglio rimane spiazzato. Sentire quelle voci, vedere sta fotografia, sentire i poliziotti nei loro quasi comici dialoghi (“se continuiamo così ci conviene cambiare mestiere” dicono dopo il quarto omicidio in cui non cavano un ragno dal buco), tutto porta ad un effetto quasi trash, quasi parodico, che non sai se ridere o interrompere la visione. Ma di momenti involontariamente comici ce ne son tanti, vedi l’inquadratura a La Divina Commedia in edizione bignami, riassunta, o “l’autopsista” che fa battute e ride da solo mentre analizza il corpo morto.
I passaggi di plot poi son quasi ridicoli, roba da scuola elementare, vedi quello del chimico o quello della pagina strappata, in cui c’è una segretaria che va diritta nell’Olimpo dello scult. Eppure in una sceneggiatura quasi carta da parati, inutile, solo canovaccio su cui poi poter lavorare graficamente e come atmosfera, nel globale, visto il finale, ne viene fuori una storia anche abbastanza caruccia e che, se non fosse per quest’atmosfera ai confini del divertimento, sarebbe anche dolorosa. Non manca poi una sequenza senza alcun senso, quella delle diapositive, una scena che anche volendo non si riesce a collegare a nulla di quello che vediamo prima e a nulla di quello che vedremo dopo. Eppure che bella, così fotografata, montata, onirica, malata.
Attenzione, ci sono anche scene inquietanti eh, ad esempio il prologo e una parte prima del finale sono davvero ottimi in tal senso.

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Quello che è sicuro è che ci sarebbe da prendere i fratelli Onetti e dargli un abbraccio grande, riderci insieme e al tempo stesso parlare seriamente di cinema. Perchè più ogni cosa su questo film ti sembra trash più ne ravvedi uno stile e una cifra tutt’altro che banali, una competenza e una conoscenza veramente grandi. E tra altri riferimenti, tra Blow Up e Psycho, arriviamo a un bel finale, sempre girato e recitato un pò maldestramente ma che funziona, non chiede niente e riesce a chiudere un cerchio.
Ci sono film che ti rimangono dentro perchè son bellissimi. E altri perchè in qualche modo finisci per volergli bene. Francesca sui primi non so se ci va, non so nemmeno se ci vuole andare. Ma sui secondi ci piomba in picchiata.

Recensione: ilbuioinsala.blogspot.it

 

 

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By Anam

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