THE ANTARES PARADOX (SubENG)

Titolo originale: La paradoja de Antares
Paese di produzione: Spagna
Anno: 2022
Durata: 96 minuti
Genere: Fantascienza, Drammatico, Thriller, Psicologico
Regia: Luis Tinoco

Sinossi
Nel cuore di un’installazione scientifica isolata, una radioastronoma di lunga esperienza crede di aver captato un segnale proveniente dal sistema di Antares. Mentre la tempesta perfetta — burocratica, politica, emotiva — si abbatte su di lei, la donna si ritrova intrappolata in una notte infinita: sola nella stazione, costretta a decidere se seguire il protocollo o rischiare la carriera per inseguire l’occasione di una vita. Nel tentativo di verificare il segnale, la tensione cresce, il tempo si dilata e l’ombra del dubbio si insinua come un’altra presenza nella sala di controllo.

Recensione senza fonti
La paradoja de Antares è uno di quei film che ti sorprendono per la loro semplicità apparente: un’unica location, pochi personaggi, un tempo narrativo ristretto. Eppure dietro questa economia formale c’è un microcosmo densissimo, carico di un’energia quasi metafisica, come se il segnale proveniente da Antares non fosse solo un messaggio extraterrestre ma una lente puntata sulla psiche di una donna già tesa come un filo d’acciaio.

Tinoco costruisce un film che vive di pressione interna, non di spettacolo. Qui la fantascienza è un recinto concettuale, non un fuoco d’artificio: un ambiente chiuso, claustrofobico, dove ogni bip, ogni frequenza, ogni oscillazione del segnale sembra interrogare l’interiorità della protagonista più che l’universo esterno. C’è un senso crescente di assedio, ma non da parte di creature aliene — piuttosto da parte dei sistemi umani: gerarchie, protocolli, orgoglio professionale, fallimenti della comunicazione. È la parte più dolorosamente reale del film.

La regia gioca molto sullo spazio chiuso e sulla percezione del tempo. La lunga notte diventa un territorio mentale, un limbo in cui realtà e interpretazione si fondono. La protagonista, con la sua ostinazione quasi religiosa nel seguire il segnale, sembra intraprendere una sorta di rito iniziatico: non è solo una scienziata, è una sacerdotessa dell’ascolto, una donna che rifiuta di abdicare alla mediocrità del mondo umano per inseguire un frammento di infinito. L’intero film si trasforma così in un’esperienza di attesa carica di tensione, come se qualcosa di gigantesco stesse per accadere a ogni secondo — anche quando non succede nulla.

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Il rapporto tra isolamento e ossessione è uno dei punti più affascinanti dell’opera: a forza di guardare il cielo, la protagonista finisce per diventare essa stessa un segnale disturbato, un segno in cerca di decodifica. Ci sono momenti in cui la stazione scientifica sembra viva, come se rispondesse ai suoi sbalzi emotivi: luci fredde, superfici metalliche, vibrazioni sottili. Tutto contribuisce a un’atmosfera sospesa tra la tensione del thriller e l’introspezione esistenziale.

Tinoco non cerca risposte consolatorie, e infatti la “paradoja” del titolo è anche il cuore tematico del film: cosa significa davvero ricevere un segnale? Lo interpretiamo, lo proiettiamo, lo desideriamo. Ma può anche essere un fantasma, un riflesso, una nostra ombra che ritorna indietro deformata. È questa ambiguità, tenuta viva fino all’ultimo, che rende il film molto più grande dei suoi mezzi produttivi.

Il finale — senza spoiler — non chiude, non spiega, non rassicura: vibra. Come un codice non decifrato che continua a pulsare da qualche parte nell’universo, o nella mente di chi guarda. La forza di La paradoja de Antares sta proprio lì: nel trasformare un fenomeno scientifico in una risonanza emotiva, un enigma cosmico in uno specchio attraverso cui indagare solitudini, ambizioni, paure e quella sete di significato che accomuna tutti coloro che passano la vita a scrutare il cielo.

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By Anam

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