METAMORFOSIS (SubENG)

Titolo originale: Metamorfosis
Titolo internazionale: Metamorphosis
Paese di produzione: Spagna
Anno: 1970
Durata: 87 min
Genere: Sperimentale, Drammatico, Visionario
Regia: Jacinto Esteva

Un gruppo di scienziati, mossi da un’ossessione prometeica per il controllo della natura, conduce un esperimento su una creatura animale di origine sconosciuta. Attraverso manipolazioni genetiche e condizionamenti psicologici, riescono a trasformarla in una donna bellissima, simbolo della perfezione estetica e comportamentale. Ma questa nuova Eva è priva di parola e di volontà: il suo silenzio è programmato. È un essere creato per obbedire, per incarnare l’ideale femminile imposto da una società dei consumi che riduce i corpi a oggetti e le menti a strumenti di consenso. Con il passare del tempo, la creatura inizia però a mostrare segni di coscienza, a sentire emozioni, desideri e paura. La sua metamorfosi, da esperimento inanimato a individuo senziente, diventa un atto di ribellione e un grido muto contro la tirannia della razionalità e del controllo sociale. Il film, girato in ambienti naturali e desertici, senza quasi alcun dialogo, si trasforma in un poema visivo sulla trasformazione, l’alienazione e la perdita di umanità.

Jacinto Esteva, figura chiave del cosiddetto “Escola de Barcelona”, realizza con Metamorfosis un’opera tanto enigmatica quanto feroce. Il punto di partenza — la trasformazione di un animale in donna — è solo l’innesco per un discorso più ampio e politico: la metamorfosi come metafora della manipolazione sociale e del condizionamento dell’individuo moderno.

Dietro la facciata fantascientifica, il film diventa una parabola sull’artificialità del desiderio e sull’alienazione imposta dal consumismo, che riduce le persone a prodotti. La donna creata in laboratorio non è un simbolo di progresso, ma un simulacro: un corpo perfetto svuotato di anima, una merce di lusso al servizio dell’immaginario maschile e capitalistico.

Esteva costruisce il suo discorso non attraverso la narrazione tradizionale, ma mediante immagini simboliche, silenzi, contrasti visivi e suoni naturali amplificati. Pur avendo dialoghi, il film usa la parola come materia fragile, discontinua, quasi spettrale: ogni conversazione è un frammento di un discorso più ampio, interrotto, incapace di contenere il senso dell’esperimento e della metamorfosi. Questa scelta lo avvicina a certi lavori di Alain Resnais, a La Jetée di Marker, o al surrealismo politico di Alejandro Jodorowsky.

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La trasformazione fisica diventa specchio della trasformazione morale della società: la scienza e la tecnica, anziché liberare l’uomo, lo riducono a ingranaggio. La donna mutante è l’allegoria di una femminilità costruita e repressa, ma anche di un’intera umanità programmata per accettare la propria schiavitù con grazia.

La regia di Esteva alterna momenti di iperrealismo documentario a visioni oniriche. Le location naturali — deserti, grotte, spiagge e foreste — diventano spazi mentali: luoghi di metamorfosi e confine, dove la scienza incontra il mito.
La colonna sonora, fatta di ronzii, silenzi e rumori meccanici, accentua la tensione tra il naturale e l’artificiale, tra la vita e la macchina.

Temi principali

  • La disumanizzazione tecnologica: la scienza come strumento di dominio e non di conoscenza.

  • Il corpo come territorio di potere: la donna creata è simbolo della riduzione dell’essere umano a oggetto estetico e commerciale.

  • Il silenzio come resistenza: la mancanza di parola non è solo segno di sottomissione, ma anche di potenziale purezza, un linguaggio pre-razionale che può sfuggire al controllo.

  • La natura contro la cultura: i paesaggi selvaggi diventano la controparte vitale del laboratorio sterile.

  • La metamorfosi come destino inevitabile: ogni forma vivente è condannata a mutare, ma anche la società è una creatura che si deforma nel tentativo di controllare ciò che non capisce.

Metamorfosis anticipa molti temi della fantascienza distopica successiva: da The Stepford Wives (1975) a Under the Skin (2013), passando per Ex Machina (2015). Ma il suo linguaggio resta unico: una fusione di cinema sperimentale, filosofia e poesia visiva. Esteva costruisce una sorta di mito moderno di Pigmalione in chiave esistenzialista, dove l’artefice è prigioniero della propria creazione e la creatura diventa specchio dell’orrore umano.

“Metamorfosis” non è un film da capire, ma da subire. È un atto di ribellione cinematografica contro la narrazione lineare, un’esperienza sensoriale e politica al tempo stesso. Jacinto Esteva firma un’opera che, dietro la facciata della fantascienza allegorica, nasconde una meditazione sul prezzo dell’intelligenza e sull’abisso che separa la conoscenza dalla saggezza. È un film che mette a disagio, perché ci mostra la verità con la freddezza di un esperimento: la civiltà stessa è una metamorfosi innaturale, una mutazione senza ritorno.

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By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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