EXTRANEOUS MATTER COMPLETE EDITION (SubITA)

Titolo originale: Extraneous Matter – Complete Edition
Paese di produzione: Giappone
Anno: 2021
Durata: 61 min
Genere: Horror, Psicologico, Erotico, Fantascienza
Regia: Ken’ichi Ugana

Sinossi :
Una donna intrappolata in una relazione sterile e alienante vive cene notturne opache accanto a un compagno distante. Una sera, tenta di riaccendere il desiderio, ma viene invece avvicinata da una creatura tentacolare che emerge dal suo armadio e la avvolge con presenza ossessiva. Presto, esseri simili invadono la città e si insinuano nelle vite di altri.

Nell’armadio di Kaoru si nasconde l’incisione dei nostri silenzi. Quel che torna in pelle quando il partner fugge — non solo in lacrime, ma nella fisica della mancanza — non è solo un mostro: è incarnazione mistica dell’eros che non osa chiedere. Ken’ichi Ugana cuce insieme quattro corti sparsi come brandelli di sogno e li tesse in questa Complete Edition, che è elegia e contagio visivo, ballo con l’ignoto.

Sorprende innanzitutto il bianco e nero: austero, clinico, ma anche mota arcaica dove ogni tentacolo spunta come un’ossessione design. Lo stile visivo, secondo alcune letture sotterranee, ricama con reminiscenze di Tetsuo, ma senza orgoglio estetico: è poesia minima.

L’invasione tentacolare non è horror d’effetto, è eruzione di desiderio, parodia sacra in cui i corpi — mai celebrati — trovano pulsazione nell’estraneo. L’ironia non risolve l’orrore: lo decora con grazia insolita.

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Nessuno fugge, perché l’appuntamento con la creatura è già accordo intimo. In alcuni sfogliaweb di cinema weird, si parla di parabola metropolitana post-postmoderna, dove l’invasione è abbraccio e autopsia insieme. Quella mescolanza di eros, terrore e malinconia – ti attraversa e poi ti lascia incastrato nel suo respiro.

L’architettura narrativa è minimal, quasi anaffettiva, affinché il vero sentimento resti sospeso tra ogni taglio, ogni inquadratura che non è “scena”, ma epifania di claustrofobia emotiva. Quello spazio stretto — e invisibile — dove il corpo vuole dire ma tace.

Nell’ultimo fotogramma, la creatura sparisce, e l’abisso resta lì: lo spettatore scopre di aver accolto un ospite più domestico di quanto credesse. Non possiamo più ignorare che quella “materia estranea” siamo anche noi, refrattari di bisogno, frammenti di deserto che respirano nella stessa stanza.

By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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