HELLHOLE (SubITA)

Titolo originale: Hellhole
Paese di produzione: Belgio, Paesi Bassi
Anno: 2019
Durata: 87 min.
Genere: Drammatico
Regia: Bas Devos

Sinossi:
Un ritratto enigmatico di una città ferita: al centro c’è Bruxelles e le storie inquietanti di persone perse nella sua ombra.

Hellhole si dispiega come un poema visivo sul trauma e sull’assenza: non c’è trama da seguire, ma tre anime che si muovono come spettri nei bassifondi emotivi della metropoli ferita dopo gli attentati. Wannes, il medico che cura migranti e scruta nello schermo lontano del figlio; Mehdi, adolescente che deve restituire un debito oscuro; e Alba, traduttrice alle istituzioni europee che anestetizza la solitudine con fugaci rapporti sessuali. Tre vertiginose dissonanze che s’intersecano senza incrociarsi: una coreografia dell’isolamento urbano, uno specchio in frantumi in cui ogni volto riflette uno squarcio della città.

Devos non impone dramma, induce meditazione. I personaggi non parlano, esistono in una sospensione che ha il peso di una colpa corrotta. La forma cinematografica costruisce un tempo dilatato: ottiche lunghe che ossigenano un silenzio minaccioso, movimenti di camera che non rivelano, ma circondano. Guardare Hellhole equivale a entrare in una cattedrale vuota, dove la luce è un urlo e il silenzio è preghiera. La città non ha bisogno di ricostruirsi: è già fulcro di una ferita che pulsa, e lo spettatore ne è spettro e croce.

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Da chi, negli spazi più marginali della critica, ha provato a interpretarlo, emerge un senso di paesaggio psichico e urbano che resiste all’urgenza dei media. Non è sociologia, ma misticismo urbano: si percepisce come Bruxelles sopravviva a se stessa giacendo dentro la nostra attenzione. Come in un rito lento, qualcuno lo chiama “film su come il dolore abita una città, e sulle modalità con cui noi sopportiamo di viverci dentro”.

Nel ridefinire lo spazio metropolitano come zona di dissoluzione simbolica, Devos reinventa la protesta silenziosa: il dolore non è urlato, ma vigilato. Il titolo stesso — Hellhole, scherzo crudo al commento politico — diventa il titolo di un mantra urbano. Il film non spiega, non consolida, ma ti lascia solo con la domanda storica: dove andiamo dopo questo?

By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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