
Titolo originale: The Unraveling
Paese di produzione: Stati Uniti
Anno: 2023
Durata: 93 min
Genere: Thriller, Psicologico, Horror,
Regia: Kd Amond
Sinossi:
Una donna, dopo una lesione cerebrale provocata da un incidente d’auto, inizia a credere che suo marito sia stato sostituito da un impostore. Viene tormentata da una presenza sinistra e da telefonate da qualcuno che sostiene di essere suo vero coniuge, gettandola in un incubo in cui realtà e stabilità mentale si sgretolano.
The Unraveling è una discesa psicospirituale che non ridefinisce il genere, lo dissolve. Il film è un ossimoro consegnato in celluloide: ipnotico ma doloroso, limpido ma spettrale, un noir cerebrale in cui il baricentro dell’orrore non è il mostro, ma l’Io che muta. Mary Dunn diventa la sacerdotessa involontaria di un rito che non celebra, ma smantella il tessuto della fiducia: il volto del marito non è più portatore di protezione, ma di spiazzamento.
La regia di Amond non teme il silenzio: lo archivia con la stessa cura della luce. Le inquadrature insistono sui lembi del volto, sui tremori degli occhi, sui gesti che tentano di restare concreti ma rivelano crepe interiori. L’incidente è un click che spezza l’anima, ed è lì che inizia la vera esplorazione: non di questo o quell’evento, ma della fragile partitura del sé. La presenza sinistra, la voce al telefono, il doppio che chiede attenzione: elementi non spiegati, non resi pulp, ma evocati come segnali radio nel vuoto.
Dalle pieghe dell’internet oscuro, in certi forum sotterranei e critici borderline emerge la sensazione che questo film sia il sogno marcato A24 che non si libera dalla razionalità formattata, ma la attacca nel cuore. È cinema che non vuole rassicurarti: vuole che ti scuota lo scheletro concettuale. Come se lo schermo si infrangesse e tu percepisca l’eco.
La colonna sonora — silenziosa, rarefatta — è lo spazio tra i fotogrammi. Non accompagna, ma ascolta. Non guida, ma indugia. E Mary, con i suoi momenti di lucidità, resistenza, cedimento, diventa nostra guida illusoria: non sappiamo se credere al suo dolore, o alla nostra presenza malleabile nello specchio dello schermo.
Il finale — se così lo vogliamo chiamare — non chiude, ma induce: indugia nella sospensione. Quando il film termina succedono due cose simultanee: il respiro si sgrana, e la mente testa se quello che hai vissuto è realtà o un frammento psichico che ti ha scavato un varco. The Unraveling non vuole spiegare, ma contaminare. Non chiuderti nella caverna, ti dice. Lascia che il silenzio ti attraversi. Qui, il baratro non è fuori, è nella soglia di ogni identità che osa chiamarsi tale.
