DANIELA FOREVER (SubENG)

Titolo originale: Daniela Forever
Paese di produzione: Spagna, Belgio
Anno: 2024
Durata: 110 min
Genere: Fantascienza, Sentimentale, Drammatico
Regia: Nacho Vigalondo

Nicolás (Henry Golding), devastato dalla morte di Daniela (Beatrice Grannò), partecipa a un esperimento clinico che gli permette di controllare i propri sogni. Ogni notte la rivive, ricostruendola a suo piacimento, ma il rischio è perdersi tra memoria, desiderio e manipolazione.

Se i sogni potessero sostituire la vita, saresti disposto a morire ogni notte?
Daniela Forever ti afferra dal buio di una camera oscura, ti irradia con bagliori onirici e ti lascia sospeso tra desiderio e follia. Nacho Vigalondo costruisce un rito cinematografico sul dolore, sulla nostalgia e sull’ossessione, senza paura di sporcarsi le mani con i sentimenti più febbrili e destabilizzanti.

L’incipit è scolpito nel gelo: Madrid messa a fuoco come una VHS impallata, silenzi che cadono come pietre e la luce di un frigorifero accesa nel cuore del lutto. Poi arriva il sogno, ed esplode in luci sature, widescreen panici, corpi che riemergono come isole proibite. Vigalondo non passa per metafore: trasforma il dolore in texture, la memoria in campo visivo.

Henry Golding si smaglia come un uomo allo sbaraglio: non è solo un protagonista, è un circuito emozionale che si interrompe, si riaccende, tenta di manipolare l’irreversibile. Ci regala un uomo troppo innamorato della perfezione del passato, pronto a soffocare l’altra per mantenere la sua illusione. È un atto di amor proprio suicida. Daniela di Grannò, invece, cresce sogno dopo sogno, smette di essere figura da vetrina e diventa corpo senziente, presenza che reclama vita, libertà, autonomia. È la coscienza incarnata, l’eco di una persona reale richiamata in una gabbia onirica.

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Il film dialoga con sperimentatori del passato: la commistione di formati (4:3 analogico vs widescreen da sogno) ricorda Michel Gondry, la dissoluzione della realtà e lo spaesamento hanno echi dickiani. Ma c’è qualcosa di più crucco, di meno elegante: è una ricerca dell’autenticità nell’illusione. Un compendio di lutto, proiezione maschile, controllo—senza paracadute ideologico.

Alcuni lo diranno troppo cerebrale, altri lo troveranno mancante di denti narrativi . Forse non è un film compiuto. È un esperimento. Un monolite su cui lacrime e luce si combinano fino a spezzare lo spettatore. E la sensazione rimane: il dolore vero non si risolve, si convive. E conviverci non è consolazione: è rivolta.

L’esordio di Vigalondo dopo otto anni è un atto politico. Non contro un regime o una classe, ma contro la narrazione consolatoria dell’amore perfetto. Qui l’amore è un loop, un virus che si autoalimenta. Una cura che è veleno.
Daniela Forever non chiede di capirlo. Chiede di sentirlo. Di tremare. Di avere il coraggio di perdere ciò che conta.

È una preghiera digitale. Una riflessione esoterica sul sogno come fuga e prigione, sul lutto come terreno mistico e minato. Se hai paura che i tuoi ricordi possano divorarti, stai lontano. Se invece vuoi essere divorato, siediti. E lascia che il film entri nei tuoi sogni.

By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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