THE LIVING AND THE DEAD (SubITA)

Titolo originale: The Living and the Dead
Paese di produzione: Regno Unito
Anno: 2006
Durata: 83 min
Genere: Psicologico, Horror, Drammatico
Regia: Simon Rumley

Donald Brocklebank, ex nobile ossessionato dal dovere, lascia la moglie malata, Nancy, e il figlio James – fragile psicoticamente – da soli in una villa in decadenza. Quando il giovane decide di prendersi cura della madre, barricando porte e distribuendo medicinali senza senso, la tensione si spezza in una serie di atti sempre più disperati. La realtà si dissolve, risucchiando il villaggio familiare in una spirale di violenza, colpi di scena e dissoluzione dell’identità.

Ambienti silenziosi, porte che scricchiolano, corridoi bianchi dove i sospiri rimbombano come canzoni d’un rito estinto: The Living and the Dead non è solo un film, è una soglia. Simon Rumley costruisce un incubo intimo, un’agonia familiare che non sgretola solo le mura di una villa, ma la fragile coscienza di chi la abita.

James (Leo Bill) è un predatore impotente: zoppica tra la cura e la rovina, tra la devozione e la violenza. Le sue manie – dosi eccessive di farmaci, imposizioni fisiche – sono atti sacri e blasfemi insieme, rituali privati di una psiche che cerca di scongiurare il caos spezzando la madre. Ma è nel collasso che esplode la verità: un figlio che ama troppo diventa solo un altro mostro.

Rumley non cerca il jump scare. Crea inquietudine. Lo sguardo cala nei dettagli: la sagoma del padre che scompare nei corridoi, la madre che domanda aiuto con occhi senza speranza, la musica dissonante di Richard Chester che accompagna ogni crepa dell’anima. Nel bianco dei corridoi, la casa diventa un manicomio simbolico, specchio dell’anima spezzata.

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Tecnica e stile vibrano tra speed ramp scavati nell’anima e pause corrosive: frammenti accelerati alla Aronofsky, ed echi di tempo dilatato come in un sogno sotto ipnosi. Ogni salto temporale è un coltello che ci trafigge: non vediamo il sanguinamento, ma lo sentiamo sussurrare sotto pelle.

I tre interpreti centrali – Bill, Roger Lloyd Pack e Kate Fahy – sono catene di carne viva. Bill trascina le ossa del personaggio in modo coercitivo, disturbante, rivelando una spirale di follia che cresce fino a farci sentire il disco sfrigolare.  Fahy è l’arcangelo spezzato, l’incarnazione del sacrificio che diventa colpa. Pack è l’uomo che corre dietro al destino, impotente spettatore del collasso.

E quando la trama si sgretola – dopo che James compie l’atto estremo – non resta un finale, ma un varco. Un vuoto che inghiotte tutto, lasciando il padre nel vortice della follia. Il film non chiude un cerchio: lo incendia.

In questo rituale di dissoluzione, Rumley smarca il thriller dalle sue catene. Non importa “chi ha fatto cosa”: conta il disfacimento. Il disagio puro, la sensazione che tutto sia già perduto, ascoltato ma mai compreso. Un’opera magnetica, oracolare, feroce.

The Living and the Dead non offre risposte. Ti costringe a guardare dentro alla carne mentale, a sentire la crepa farsi abisso. Ed è lì che senti davvero di vivere… o di morire.

By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

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