Titolo originale: Stuck
Paese di produzione: Regno Unito, Germania, Canada, Stati Uniti
Anno: 2007
Durata: 85 min.
Genere: Commedia, Drammatico, Thriller
Regia: Stuart Gordon
Brandi è un’assistente infermiera alla ricerca disperata di una promozione nella casa di riposo per la quale lavora. Dopo una folle notte di feste e consumo di droga, la ragazza investe accidentalmente un certo Thomas Bardo. Dal momento che non vuole chiamare i soccorsi per non rischiare di perdere il lavoro, Brandi decide di non prestare asistenza medica a Thomas, ma lo carica in macchina e lo porta a casa sua. L’uomo, chiuso nel bagagliaio della macchina, tenta disperatamente di liberarsi consapevole che la sua vita è appesa a un filo.
Oggi doveva esserci la lista settimanale, ma mi riservo un cambio di programma per celebrare Gordon parlando del suo ultimo film. E purtroppo non è l’ultimo film diretto da Gordon in senso cronologico, ma l’ultimo in assoluto, tanto per andare a rimestare con un chiodo arrugginito in una ferita aperta. Dopo Stuck, il regista avrebbe firmato un episodio della serie antologica Feart Itself e poi più nulla. Ho scelto proprio Stuck perché, insieme a Edmond, è forse il film di Gordon di cui si è meno discusso, forse perché dopo i fasti degli anni ’80, moli, a Gordon, lo davano per spacciato. O forse perché non lo si può definire un horror in senso stretto, nonostante abbia moltissimi elementi che al genere appartengono di diritto. Fatto sta che mi è sempre sembrato assurdo che venisse ignorato e, nel mio piccolo, eccomi qui a tentare di convincervi a vederlo. Esiste il DVD in italiano, ma non credo ci sia ancora un blu ray nella nostra lingua. Se mi sbaglio, correggetemi così me lo compro. Grazie.
Dovete sapere che Stuck è una produzione Amicus. Sì, proprio quella Amicus di cui abbiamo parlato lo scorso Halloween, dopo aver cessato le attività alla fine degli anni ’70, ha cercato per breve tempo di tornare operativa all’inizio del secolo. Purtroppo non gli è andata benissimo: il nome della nuova Amicus è legato soltanto a due film, e il secondo è il remake di It’s Alive del 2009. Dispiace perché Stuck è un’opera perfetta per una produzione come la Amicus; ispirato a un fatto realmente accaduto in Texas (ma con esiti molto diversi da quelli immaginati da Gordon), sembra uscito da uno dei portmanteau degli anni d’oro dello studio britannico, quei brevi apologhi morali, altamente punitivi, che mostravano il lato più deteriore dell’animo umano, tra cupidigia, stupidità e crudeltà gratuita. Non credo sia casuale che Gordon, lavorando con la rediviva Amicus, abbia scelto proprio questa storia, così in linea con le antiche produzioni della principale rivale della Hammer; ma non solo: dalla Amicus ai fumetti della EC il passo è breve, e non credo che Stuck sfigurerebbe tra le pagine di un numero di Tales from the Crypt, introdotto e commentato dal Guardiano della Cripta.
Per Brandi (Mena Suvari), infermiera in una casa di riposto, la fortuna ha cominciato a girare per il verso giusto: sta infatti per ottenere una promozione ed è disposta a tutto per non lasciarsela sfuggire. Al contrario, Thomas Bardo (Stephen Rea) sta passando una delle giornate peggiori della sua vita: sfrattato, disoccupato e senza un posto dove andare, diventa un senza tetto nel giro di poche ore ed entra in rotta di collisione con Brandi, di ritorno dai festeggiamenti per l’avanzamento di carriera. Brandi investe Thomas, che però rimane incastrato, ancora vivo e cosciente, nel parabrezza della sua auto. Brandi era alla guida ubriaca e strafatta, per cui sa di rischiare grosso. Invece di portare l’uomo all’ospedale, ritorna a casa, lascia la macchina in garage e cerca di liberarsi dell’ospite indesiderato.
Ci si dimentica spesso che Gordon è stato anche un grande direttore di attori. Ovvio che, nei gloriosi anni ’80, la fretta con cui si girava, unita alla mancanza di budget tipica della Empire e della Full Moon di Charles Band, questa sia passata in secondo piano. Si nota molto di più in film, come Stuck ed Edmond, dove la recitazione è fondamentale, film con ruoli complessi e difficili da sostenere, fatti soprattutto di sfumature e contenimento. Stuck fa brillare i suoi due interpreti principali. E se, trattandosi di Stephen Rea, la cosa stupisce fino a un certo punto, la vera sorpresa è Mena Suvari, attrice molto sottovalutata e dalla carriera altalenante, qui alla sua seconda collaborazione con Gordon (e produttrice esecutiva del film) in una parte che meriterebbe almeno un paio di Oscar. Se Rea è impeccabile nella sua interpretazione di un uomo preso a ceffoni dalla vita capitato in una situazione tragica e paradossale, Suvari ha dalla sua un personaggio molto sgradevole che, in una miscela micidiale di superficialità e noncuranza, arriva a commettere un’azione più spregevole dell’altra. L’abilità dell’attrice (e di Gordon nel dirigerla) sta nel non tramutare Brandi in una macchietta, ma nel lasciarla umana fino all’ultimo istante.
Perché, in fin dei conti, Stuck mette in scena una guerra tra disperati, tra chi ha perso il suo status sociale (Thomas era un manager caduto in disgrazia) e chi fa di tutto per tenersi stretto quel poco che ha. La sequenza d’apertura nella casa di riposo, tra le più raccapriccianti della filmografia di Gordon senza avere nulla a che spartire con l’horror, ci fa affacciare per qualche minuto nella vita quotidiana di Brandi, e credetemi se vi dico che, al netto dell’assenza di una qualunque bussola morale a guidare le sue azioni, l’intero percorso del personaggio diventa comprensibile, anche se non giustificabile. E anche i comprimari (la famiglia dei vicini di casa, il fidanzato con atteggiamenti da gangster di Brandi, la collega infermiera) sono tutti parte di un’umanità disastrata che cerca di sfangarla tramite espedienti più o meno leciti, in quadro che, pur non esentando l’individuo dalle sue responsabilità, mette sotto accusa un intero sistema. Fate caso all’anno di produzione del film.
Per mettere in scena una vicenda così assurda, Gordon si avvale del registro della commedia nera e mantiene un tono quasi sempre leggero, ma non manca mai di partecipazione o empatia nei confronti di Thomas. In altre parole, non c’è distacco dalla storia narrata, solo la presa d’atto della sua assurdità. E davanti all’assurdo si ride per non impazzire. È un uso dell’ironia e dell’umorismo antitetico a quello che andava per la maggiore una quindicina d’anni fa, e forse in questo modo si spiega l’insuccesso del film che sulla carta avrebbe avuto tutte le caratteristiche per diventare un cult dei primi anni del secolo.
E invece non è andata così e Gordon ha chiuso la carriera nell’oblio. Piccola curiosità: il film è girato in Canada, ma è ambientato a Providence, quasi che Gordon non riuscisse ad allontanarsi troppo da Lovecraft neanche quando cambiava genere. O forse c’è proprio una geografia fantastica che si dipana tra un film di Gordon e l’altro e riporta sempre lì, in quel New England immaginario dove tutto è iniziato nel 1985, e dove tutto si è concluso nel 2007, con un po’ di malinconia, ma un ultimo piccolo grande film.
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