11 MINUTES (SubITA)

Titolo originale: 11 minut
Nazionalità: Irlanda, Polonia
Anno: 2015
Genere: Drammatico, Visionario
Durata: 81 min.
Regia: Jerzy Skolimowski

Presentato in concorso alla Mostra di Venezia, 11 Minutes del veterano regista polacco Jerzy Skolimowski, che, arrivato a 23 film e a 77 anni, dimostra una straordinaria lucidità nel ragionare sul contemporaneo, con la sua fragilità, con i suoi crolli, e nell’analizzare l’essenza stessa delle sue immagini, in quel digitale dove si possono annidare tarli sotto forma di pixel neri.

È un uccello? È una mosca? No, è un pixel

Un marito geloso fuori controllo, la sua moglie, un’attrice sexy, uno squallido regista, un incauto corriere della droga, un giovane disorientato, un ex-detenuto venditore di hot dog, un problematico studente impegnato in una misteriosa missione, un pulitore di vetri di grattacieli, un anziano disegnatore, un team di paramedici, un gruppo di suore. Uno spaccato di vita urbana, di personaggi che vivono in un mondo instabile, dove tutto può succedere in ogni momento. Un’inaspettata concatenazione di eventi può segnare tanti destini in appena 11 minuti. [sinossi]

All’età di 77 anni, Jerzy Skolimowski dimostra una notevole capacità di raccontare il contemporaneo, abbinata a una abilità di sperimentazione che neanche un regista ventenne si può permette. E ciò all’interno di una filmografia che è un’invenzione continua per un cineasta che non si è mai seduto sugli allori, che non è mai scivolato nel manierismo, che ha sempre tenuta viva quella freschezza espressiva derivata dalla Nouvelle Vague. Questo lavoro si può avvicinare a certe sperimentazioni come Timecode di Mike Figgis, raccontare un certo numero di microstorie, tra le infinite possibili, in un arco di tempo fissato, nel ritmo frenetico di una grande città con le sue strade, i suoi incroci, i suoi grovigli urbani che diventano grovigli nelle traiettorie delle vite delle migliaia di persone che vi abitano, snodi narrativi governati dai principi di casualità e causalità. Le storie si possono incrociare, forse, non è detto, è possibile. Tutto è possibile in una grande città, tutto può succedere, celarsi dietro un angolo. In un attimo si può passare dall’ordine al caos. E allo stesso tempo da un evento ne susseguono altri in una concatenazione a effetto domino. Tecnicamente Skolimowski usa il montaggio alternato di stampo griffithiano, in una concezione più libera: i frammenti delle varie storie non si susseguono in un ordine preciso. E al montaggio alternato si può aggiungere quello analogico, come nella battuta di una storia in cui si parla di prostituzione per poi passare, in un’altra storia, all’attricetta che si intrattiene con il regista.

Si parte, in un prologo che avviene prima delle fatidiche 17.00, prima quindi degli 11 minuti, da una serie di immagini digitali, sgranate, di immagini interne alle varie storie, riprese da telefonini, videocamere, camere a circuito chiuso. E anche nel corso del film si susseguiranno gli schermi al quadrato, i quadri nel quadro, le visioni multiple, le riprese da apparecchiature digitali e gli specchi. Ma anche allusioni implicite di immagini e di produzione di nuove immagini, nella figura del regista e dell’attrice, cui peraltro viene data una connotazione negativa, il primo millantatore e pronto a usare il suo potere per portarsi a letto la seconda, ben disponibile. Si tratta in effetti di quel cinema hollywoodiano cui Skolimowski si pone in antitesi (come da lui dichiarato). Il mondo contemporaneo è il mondo dei mille occhi, dove soggettività e oggettività sono concetti sempre più labili, della moltiplicazione delle immagini all’ennesima potenza. Le infinite immagini sono le infinite storie che si possono raccontare. E un addetto alla sicurezza nota una macchiolina in uno dei tanti schermi delle telecamere a circuito chiuso che ha davanti. Una mosca? Si chiede con i colleghi. No, si tratta di un pixel nero. Un tarlo – specifico dell’immagine digitale –, un neo che può propagarsi e portare al collasso, alla conflagrazione di un mondo di immagini.

Le tante storie raccontate dal film sono storie di cinismo, rapacità, disperazione, la grettezza di un mondo che può scivolare nel baratro. Il mondo contemporaneo è passato, e si è forgiato, attraverso due grandi crolli, quello del Muro di Berlino e quello delle Twin Towers. E il film suggerisce, anche se forse involontariamente, richiami all’11 settembre. Dal numero 11, agli aeroplani – inseriti formalmente per scandire il tempo, passando alle 17.05 – che, volando basso, sfiorano i grattacieli. Alcuni personaggi parlano di un qualcosa di strano che vedono in alto, probabilmente lo stesso punto originato da un pixel. Skolimowski racconta della fragilità della nostra società, rappresentata dalla bolla di sapone che ha il grattacielo come sfondo, che si può accartocciare, ‘spixellare’, squadrettare, secondo un processo di di eventi, concatenati in un effetto domino, come fossero le azioni e reazioni delle gag del cinema slapstick. Nella sua conclusione 11 Minutes è uno slapstick apocalittico.

Guarda anche  REPRISE [SubITA]

Recensione: quinlan.it

 

 

Come è stato il film ?
+1
1
+1
1
+1
2
+1
1
+1
0
+1
0
+1
0
By Anam

I'm A Fucking Dreamer man !

0 Comment

No Comment.

Related Posts

AGRAfilm è ONLINE AGRAfilm è OFFLINE