JOURNEY TO THE WEST: CONQUERING THE DEMONS [SubITA]

Titolo originale: Xi you xiang mo pian
Nazionalità: Cina
Anno: 2013
Genere: Azione, Commedia, Fantastico, Spirituale
Durata: 110 min.
Regia: Stephen Chow

Xuan Zang, un giovane di demoni con minima delle arti marziali, si imbarca in un viaggio verso ovest al fine di diventare un buddista. Convinto di poter risvegliare la insita in ogni essere malvagio con i canti del suo prezioso libro, Xuan lungo il cammino incontra la bella ma feroce Duan, che finisce con l’innamorarsi perdutamente di lui e con il dargli una mano nell’affrontare i tre terribili demoni – un demone pesce, un demone maiale e un demone scimmia – destinati a diventare suoi discepoli.

Stephen Chow non è solo tra i quattro o cinque registi migliori del mondo, ma è anche uno dei teorici praticanti più meticolosi del cinema odierno, capace di svelare e aprire meccanismi a ogni nuova opera, di spingersi su territori sempre freschi senza perdere l’unicità del proprio tocco, ciò che rende un film di Stephen Chow unicamente Stephen Chow. Altroché Tsui Hark: è lui il vero Spielberg d’oriente, creatore di nuovi mondi, di pulsazioni cinematografiche che vivono nel loro esplodere su grande schermo, il cinema che torna tempio sacro e monumentale.

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Basta il lunghissimo incipit con l’attacco del primo demone, in cui l’autore gioca con gli stereotipi dei marini fino conflagrare nella perfezione dell’action avventuristico: Chow ha l’estrema padronanza delle e del ritmo, approdando dalle parti del The Host di e regalandoci attimi di suspense e come mai avremmo immaginato dall’autore di Shaolin Soccer. Ma d’altronde, Chow gioca in casa, Journey to the West: Conquering the Demons è infatti tratto dal celeberrimo romanzo di Wu Cheng-en, universo in cui aveva già lavorato in veste d’attore nel Chinese Odyssey di Jeff Lau, la di un monaco vagante in cerca d’illuminazione alle prese con demoni di ogni tipo.

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Nella sua rilettura, Chow prende sottobraccio Derek Kwok come secondo regista e si esclude dalle scene chiamando il suo sosia Wen Zhang: la comicità cartoonesca e delirante è quasi interamente limitata alle tresche con la bellissima Shu Qi, il resto è l’espandersi di una narrazione che respira grandeur e che si traduce nella fluidità ipnotica di un’opera che rappresenta la necessaria tappa successiva di un autore ricco (di mondi, idee, emozioni) come Chow, qui più inedito che mai in quanto virato verso il più scuro che non risparmia la tagliente flagranza della violenza, incontrando e abbracciando l’horror a piene mani, il tutto con levitazione zen. Si aspetta trepidanti il sequel, con un’erezione già vicina all’orgasmo.

Recensione: nocturno.it

 

By Anam

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