DIVERGE (SubITA)

Titolo originale: Diverge
Nazionalità: USA
Anno: 2016
Genere: Drammatico, Fantascienza, Thriller
Durata: 93 min.
Regia: James Morrison

A seguito di una pandemia globale, a un sopravvissuto viene data la possibilità di viaggiare attraverso il per fermare l’evento catastrofico e ritrovare tutto ciò che ha perduto. Per fare questo, però, deve uccidere l’uomo responsabile di aver creato i presupposti della distruzione del genere umano – il suo io passato.

Diverge di James Morrison: una pacata e mesta anabasi post-apocalittica

Magari c’è davvero poco da fare. Il che ci stiamo preparando – con buona pace dell’ottimismo programmatico e furbastro che ogni giorno viene somministrato con zelo fin troppo insistito per non essere almeno sospetto – non è che un miserabile inganno malamente dissimulato a base di armonia e prosperità, in realtà uguale in tutto e per tutto a una desolazione uniforme e senza fine. Rimarrebbe troppo elusiva, altrimenti, la perseveranza con cui una parte del Cinema odierno (quella che per abitudine continuiamo a definire fantascientifico o del futuribile ma che, forse, dovremmo seriamente cominciare a considerare come spia rivelatrice di qualcosa che già preme negl’interstizi della Modernità arrivando a erodere l’ stesso delle condizioni che garantiscono la nostra permanenza sul pianeta) sviluppa il proprio discorso per immagini a partire da una visione pressoché unanimemente poco incline a illustrare il destino della stirpe sapiens se non entro i contorni scoraggianti di un’eventualità oltremodo sofferta/residuale o, tout court, tragica.

La vicenda di Chris/Sandomire, ricercatore e Anna/Cunningham, sua moglie, solitari e raminghi sopravvissuti nelle smorte vastità sabbiose di una contemporaneità prossima, devastata dal dilagare di un pandemico dall’origine non così misteriosa come sembrerebbe, s’allinea, infatti e quasi senza attrito, in questo Diverge di James Morrison – pacata e mesta anabasi – alla nutrita compagine di scampoli di umanità che con le proprie illusioni infrante abita il corpo afflitto di opere nel complesso – e al di là della loro riuscita – come incredule e stanche, talvolta astiose ma per lo più spossate, a testimonianza di una comune perplessità lasciata senza risposta, del rammarico tardivo per un azzardo giocato con jolly falsi rispetto al protervo avventurismo idolatrato dal (nostro) presente nella forma di una persuasiva (perché unanime) allucinazione globale. Chris, nei peripli a vuoto tra le piatte immensità silenti sugli sfondi delle quali, sfalsate da una prospettiva a perdita d’occhio, di tanto in tanto, s’intravedono nere colonne di fumo provenienti da ciò che resta di metropoli in rovina, cura con amore e dedizione sfiniti la sua giovane donna, il cui stadio d’infezione avanzato cerca di contrastare con la somministrazione di un composto ottenuto dal tritato dei fiori lilla di una particolare pianta, oggetto di studio e promettente ipotesi di contrasto al morbo quando esso, prima, non aveva ancora compiuto il salto di specie e l’incertezza del suo utilizzo oscillava tra le premure interessate dei potentati accademici e gli appetiti monopolistici di una grande multinazionale del farmaco. L’aleatorietà di tale rimedio, conseguenza anche delle esigue riserve del principio attivo vegetale, unito a un incontro casuale però rivelatore e metaforico, spingono l’estremo Odisseo, per quanto riluttante, a considerare poi non così folle (e infine, di fatto, a subirla) la scommessa di viaggiare nel tempo allo scopo di ribaltare l’inerzia di un se stesso preso in mezzo tra una comunità scientifica vischiosa e sleale, la macchina industriale tanto rapace come pure indifferente alle conseguenze di una logica supina – figurarsi – a scenari coincidenti con più che potenziali profitti colossali e l’imperativa ingiunzione a modificare con il proprio diverso agire il corso della Storia.

Guarda anche  THE BEAST (SubITA)

Costruito, nonostante gli scarti imposti dalle fratture temporali, sulla linearità riflessiva dell’apologo/monito, il film di Morrison trova il suo ubi consistam (tra riletture minimali di alcuni cliché di genere – l’uomo di scienza ferito negli affetti chiamato ad assumersi una responsabilità più grande del proprio orgoglio personale; la pervasività all’apparenza inarrestabile del virus come iperbole dello stato di disgregazione raggiunto da una consuetudine meramente utilitaristica che sola disciplina i legami all’interno di una comunità d’individui, et. – un cauto misoneismo di fondo e soluzioni stilistiche che compendiano suggestioni molteplici ma concordi tanto al campione prevalente di un immaginario percorso da pre/post-apocalittiche riassumibile in un generico filone after-the-fall, quanto agli specifici umori di questo tentativo che ne profila una delle possibili rappresentazioni – gli incarnati diafani, quasi infantili nel loro pallore, dei protagonisti, spesso colti nell’esitazione ravvicinata di un gesto o nella frenesia furtiva di una risoluzione; il e la terra di domani stretti in una densa opacità pastello giocata sui grigi, sull’avorio lattiginoso e sui bruni, che spezza la continuità dei piani e dei punti di generando un’inquieta sospensione in grado di proiettare, per esempio, il brulicare del formicaio umano per eccellenza, New York, prima della catastrofe, in una di dubbia verosimiglianza, d’inconsapevole attesa, d’ignara normalità -) nell’assorto sconcerto del suo sentimento prevalente, sorta di precipitato in cui la del passato, la dolcezza della quale rimanda a momenti promettenti, a volte persino felici, si sfalda per aggrumarsi subito dopo in quella sempre aspra e avvilente del futuro.

Guarda anche  THE END OF ETERNITY [SubITA]

Alessandro D’Orazio – taxidrivers.it

By Anam

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