THE LEGEND OF SURAM FORTRESS [SubITA]

Titolo originale: Legenda o Suramskoj kreposti
Nazionalità: Russia
Anno: 1984
Genere: Avventura, Esoterico, Fantastico, Visionario
Durata: 90 min.
Regia: Sergei Parajanov

Nella Georgia feudale, vicino a Tbilisi, le fondamenta della fortezza di Suram crollano: occorre, come suggerisce un’indovina, che un bel giovane si faccia murare vivo, fondendosi con la calce e la sabbia, le uova e le lacrime.
Il cineasta georgiano di armene, mescola, in originale fusione alchemica, pittura, danza, pantomima, teatro, animali, frutti, simbolici. Un film sperimentale, visionario e rarefatto, ermetico e allegorico, con molti momenti e di solenne bellezza.

Dalle parti della capitale Tbilisi, i georgiani sono soliti erigere robuste fortezze per difendersi da ogni possibile attacco esterno. Tra tutte, però, quella di Suram è la più fragile in assoluto, non sta in piedi e le sue fondamenta continuano a venir meno e a sgretolarsi. Sarà necessario l’estremo sacrificio di un ragazzo (Dodo Abashidze).

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Penultimo film, dopo un quindicennio di forzato, di Sergej Paradžanov, il quale adatta, in maniera come sempre personale, un’arcaica appartenente al patrimonio culturale georgiano, uno di quei racconti capaci di concentrare in una vicenda di cenni esaustivi dello spirito e dell’ di una nazione. In questo si parla di voglia di costruirsi delle fondamenta più solide come comunità, in senso reale e metaforico, ma anche della necessità di sottoporsi a sacrifici e privazioni (estreme) nell’ottica di un interesse collettivo e condiviso. Il regista caucasico dà fondo a tutto il consueto campionario di impulsi e suggestioni, costruendo un visionario nel quale viene fatto a pezzi ogni rapporto di causa ed effetto e sembra vigere la logica della frammentazione e dell’allontanamento dalla componente immanente delle immagini, come a voler restituire una sorta di dalla fisicità di ciò che viene mostrato. Paradžanov realizza così un trattato visivo in forma di elegia libera, che non somiglia a nient’altro che a se stesso, un po’ come tutto il cinema del suo autore.

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Recensione: longtake.it

 

By Anam

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