GREENER GRASS [SubITA]

Titolo originale: Greener Grass
Paese di produzione: USA
Anno: 2019
Durata: 95 min.
Genere: Commedia, Grottesco, Thriller
Regia: Jocelyn DeBoer,

 

In un quartiere di periferia hanno luogo strane ed eccentriche situazioni, al limite della demenza: ogni adulto porta apparecchi odontotecnici sui denti dritti e le coppie coordinano meticolosamente i loro outfit. In tale contesto, Jill e Lisa si prodigano per apparire perfette, anche se questo vuol dire dare l’una all’altra un appena nato.

L’ASSURDO E IL SURREALE SFOCIANO IN UNA PARODIA PER METTERE IN LUCE LA FALSITÀ DELLE RELAZIONI UMANE.

Dedico questa traduzione ad un sito che sta per autodistruggersi.
Un sito di vasta e preziosa condivisione culturale.
Al momento in cui scrivo, il conto alla rovescia sta a 56:13:06:46.

Il film in questione calza decisamente a pennello, perché racconta in modo ironico quanto agghiacciante tanti aspetti della spaventosa in cui stiamo vivendo. Mi rendo conto che ormai leggo questo tipo di messaggi in ogni film che vedo, immagino quindi di un po’ pesantuccio di mio… e anche molto preoccupato della situazione generale. Perlomeno quando non mi trovo davanti al lusso di un piatto di melanzane alla parmigiana ed una bottiglia di lambrusco. Fatto sta che appena mi alzo da tavola le situazioni in cui mi ritrovo riflettono appieno questo andazzo.
A quanto pare ogni cosa che esuli da un preciso circuito economico deve essere eliminata. Non ha diritto di esistere. Non deve esserci possibilità di coesistenza. Questa situazione va al di là della difesa del diritto di guadagnare. Anzi non ha nulla a che fare con questo. Ne sia dimostrazione il fatto che se esistesse una volontà di difendere il diritto al guadagno, esisterebbe anche quella riguardante il diritto al lavoro. Ed i fatti lo smentiscono. Al contrario questa situazione riflette la chiara tendenza a murare il libero circuito di informazioni, in primo luogo, ma ancor di più una chiara tendenza verso la REIFICAZIONE. Cioè l’annichilimento della possibilità di coltivare le proprie passioni per il piacere di farlo, di coltivare parti fondamentali della propria personalità, coltivare in sostanza la propria “umanità”.
Marx non si rivolta nella tomba. Molto peggio, Marx sta scomparendo dalla nostra memoria, cancellato come un link di openload da una collettiva ormai convinta di essere un data base. Sulla sua tomba si gioca a pallone. Ci ritroviamo gettati in un limbo fatto, come direbbe Marx, di alienazione e, come direi io, di anedonìa. La tendenza a diventare COSE è inerziale, è facile come acquistare un grammo di coca, o distruggersi in una boccia di uischi, è l’occhiolino del demonio. E noi, come si esprimeva Bill Hicks, siamo tutti in ginocchio a succhiargli l’uccello. Grazie a Dio ci sono i corsi settimanali per ampliare la mente.
Eccoci quindi nella nostra versione “cosizzata”, misurabile, passibile di un prezzo, semplificata, paragonabile secondo una stessa scala di valutazione e quindi propensa ed adatta alla competizione, con un’autopercezione che ha il feedback uguale a quello di un termostato, con la capigliatura parte integrante del nostro io e l’apparecchio per i denti tutt’uno coi denti, un gigante sbadiglio esistenziale che rende palpabile la totale incertezza sul da farsi se non guidati da un vigile urbano e l’incapacità di gestire un insuccesso, che ci spinge a considerare inesistente una cosa se non testimoniata socialmente e spiattellata in pubblico perché il luogo interiore del sé ha confini troppo incerti, completamente incapace di gestire le relazioni personali con un capo, con l’immigrato, con la propria bimba appena nata (che nel film viene regalata come un paio di scarpe e nella realtà, peggio, succhierà l’abitudine ad “essere cosa” insieme al latte rancido della madre, facendosi veicolo di una disumanità dilagante).
Questo processo, oltre che con la forza, è svolto principalmente tramite il linguaggio, con l’utilizzo cioè di estratte dal loro significato e contestualizzate in modo relativo e manipolatorio. Per esempio le parole “spam”, “privacy”, “pirateria”, “creativo”, “creatività” sono tra i tanti veicoli odierni di messaggi sbagliati e sono i mattoni dei nostri muri mentali. Sono veicoli di fraintendimento.
La “ACE”, “Alleance for Creativity and Entertainment”, invece di chiamarsi “Alleanza per la Protezione della Privatizzazione ed Usufrutto Economico”, si fa scudo del candido concetto di creatività per difendere una mentalità che invece stronca la creatività stessa, in quanto impedisce il libero scambio di beni.
Quello che nel sito definisce come “missione”, come fosse un grande sogno da inseguire a spada tratta, è invece un dato di fatto, un’imposizione comandata e presto (già) soddisfatta con l’uso della forza.
La mia opinione è che l’artista sotterraneo che spera di poter canalizzare i suoi guadagni grazie a questo tipo di interventi generalizzati e violentemente imposti da colossi quali Netflix, Sky, MGM e compagnia bella, verrà probabilmente deluso (spero non avvenga mai) quando si troverà invece completamente escluso sia dal circuito commerciale che da quello subdolamente denominato “pirata”, e dovrà tornare a consegnare i kebab.
Ecco cosa vuol dire “antifascismo” e dove sta il suo valore.
Ecco cosa vuol dire non accettare da chi non ti apprezza.
Ecco cosa vuol dire godere del deserto, con la sua immensa distesa luminosa del firmamento, riconoscendolo come preciso contrario del che ci stiamo creando attorno, affollato di termostati.

Il sole è alto nel cielo ed io sono in macchina
che mi lascio trascinare verso il mattatoio.

Vedi anche tu quello che vedo io?

L’aria si appesantisce, ascolto il tuo respiro
intrecciato a quello di questa della morte.

Fatti abbracciare,
per allontanare questa sacrilega traiettoria dell’evoluzione.

Tutto si sta dissolvendo, in accordo al progetto.
Il cielo è in fiamme, i morti si ammucchiano sulla strada.
Ieri sera il mio codice morale è crollato
e stamattina mi sono svegliato con un “frappuccino” in mano.
Volevo un eroe e invece sono uscito un povero scemo.

Tutto questo non fa per me.
Vedete anche voi quello che vedo io?

Sono nelle sabbie mobili del grande mattatoio,
fin giù ai coglioni.

[Nick Cave]

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