Titolo originale: Hamon
Paese di produzione: Giappone
Anno: 2023
Durata: 120 min.
Genere: Commedia, Drammatico
Regia: Naoko Ogigami
Yoriko è una donna di circa cinquant’anni che si ritrova improvvisamente sola: il marito, Osamu, abbandona lei e il figlio, lasciandola ad accudire il suocero anziano e affetto dal morbo di Alzheimer. Yoriko continua la propria vita, inizia un lavoro come cassiera in un supermercato, ogni mattina cura le composizioni di sabbia nel proprio giardino, si lascia coinvolgere da una setta, la Green Life Water Society e riempie la casa di bottiglie d’acqua spacciata per miracolosa. Un bel giorno il marito Osamu torna a casa e afferma di voler trascorrere il tempo che gli resta da vivere – gli è stato diagnosticato un tumore – insieme a lei.
Nelle ‘increspature’ dell’animo si celano emozioni, traumi, gioie e anche paure. A volte non è sufficiente passare un rastrello – come si farebbe sulla sabbia di un giardino zen – per rimettere in ordine le ondine e passare oltre. L’ultimo film di Ogigami Naoko getta lo sguardo sulla condizione delle donne nella società giapponese, troppo spesso ancora relegate a ruoli scolpiti nel sistema patriarcale, ma anche più in generale su una società ferita che genera solitudini e disagi.
C’è un momento nel quale il giardino smette di essere pieno di fiori e di vita e diventa una distesa arida di sabbia e ghiaia, molto elegante e curata, ma pur sempre sabbia. Il cambiamento di destinazione del riquadro di terra, così come quello della vita della protagonista e della sua famiglia, è segnato da un evento ben determinato: il grande terremoto del 2011, e il conseguente terrore della contaminazione dell’acqua a causa delle radiazioni. La paura ha una forza disgregante potente, la famiglia si sfalda.
Il tono è a tratti ironico, quasi leggero, ma non deve ingannare: lo sguardo della regista su quella donna che continua la sua strada da sola cercando di ristabilire l’equilibrio sulla superficie del proprio animo stravolto dal macigno che vi è crollato dentro, la pone in modo drammatico al centro dell’inquadratura e della storia, ne indaga le emozioni di donna di mezza età con tutti i disagi fisici del caso, di madre di famiglia, ‘obbligata’ dal proprio ruolo a occuparsi dell’anziano suocero che per giunta la molesta. Lo spettro degli stati d’animo della protagonista passa attraverso le espressioni del volto di Tsuitsui Mariko – ambigue, spaesate, persino feroci – e ci trasferisce il ritratto di una madre di famiglia nella società nipponica prigioniera di uno schema nel quale è scontato che la donna si riprenda in casa quel marito che improvvisamente riappare e che si sospetta sia tornato solo per farsi dare i soldi per sostenere le cure mediche di cui ha bisogno. Le emozioni represse di Yoriko a poco a poco riemergono e sfuggono al controllo.
La centralità femminile non è nuova per Ogigami Naoko, penso, tra gli altri, alla intraprendente ristoratrice di Kamome Diner o alla scorbutica e determinata parrucchiera di Yoshino’s Barber Shop. E neppure l’affrontare argomenti importanti con l’approccio leggero della commedia ironica infarcita in questo caso di intermezzi onirici e popolata di personaggi anche comici. In mancanza di quella originaria una ‘nuova’ famiglia appare all’orizzonte: la setta dell’acqua miracolosa, il gruppo con il quale Yoriko si lancia in canti e balli che dovrebbero essere liberatori, soggiogata dai rituali insieme ad altre persone sole e impaurite in cerca di un’alternativa.
Le increspature determinate dalla paura sono profonde e condizionano le vite degli umani in vari modi. Quando Yoriko trova finalmente un appiglio, rappresentato dall’amica incontrata in piscina con la quale sente di avere affinità, si rende conto recandosi a casa della donna che si tratta di un’accumulatrice di oggetti e rifiuti. Il disordine ne paralizza l’esistenza perché come lei stessa ammette «dal giorno del terremoto vivo come sepolta». Solitudini in forme diverse (l’amica, l’anziano del supermercato che insiste aggressivo per ottenere lo sconto sui propri acquisti), ricerca dell’ordine anche estetico esagerato (il giardino zen e gli ‘altari’ di Yoriko) e disordine assoluto (la casa dell’amica) non possono che alternarsi nel movimento ondivago di un mondo ferito che si dibatte, incapace di superare un trauma profondo.
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