LOVE LIES BLEEDING (SubITA)

Titolo originale: Love Lies Bleeding
Paese di produzione: UK, Stati Uniti
Anno: 2024
Durata: 104 min
Genere: Azione, Avventura, Erotico, Thriller, Commedia, Drammatico, Sentimentale
Regia: Rose Glass

Alimentata dall’ego, dal desiderio e dal americano questa è una storia d’amore unica.

A cinque anni di distanza da Saint Maud la trentaquattrenne britannica Rose Glass torna alla regia dall’altra parte dell’oceano con Love Lies Bleeding, straripante narrazione di un amore tra due ragazze che guarda dalle parti dei fratelli Coen, del David Lynch di Cuore selvaggio, e dell’indie statunitense sul calar del millennio. Una boccata d’ossigeno all’interno di una grammatica produttiva statunitense sempre più asfittica.

Steroide
Lou si innamora di Jackie, un’ambiziosa culturista che si allena nella palestra che gestisce. Jackie, all’insaputa di Lou e di Jackie stessa, ha appena trovato lavoro presso il poligono di tiro di proprietà del padre di Lou. Lou e Jackie inizieranno a frequentarsi, quando quest’ultima, che intende prendere parte ad una manifestazione di bodybuilding a Las Vegas, riceverà come regalo degli steroidi da Lou. Da qui nascerà una turbolenta storia di sesso, dissidi e violenze familiari. [sinossi]

Fin dalla sua apparizione dapprima al Sundance Film Festival e quindi alla Berlinale, dov’era ospitato tra gli “Special Gala”, Love Lies Bleeding è stato accompagnato dalla dicitura che lo bollava come “film scandalo”. Uno scandalo dettato dalla compresenza in scena di sesso, violenza, il tutto agghindato a festa alla maniera del post-pulp – se questa definizione può avere un benché minimo senso. Arriva in qualche modo così in sala in Italia il nuovo film di quella Rose Glass che seppe farsi notare cinque anni fa con Saint Maud, thriller psicologico di non raffazzonata fattura e pensiero che si avvaleva dell’inquietante e ambigua presenza scenica di Morfydd Clark; l’impressione però è che il concetto di scandalo non solo si applichi con qualche dose di forzatura a questa appassionata e appassionante cavalcata nell’amore steroideo, ma non abbia più alcuna presa su un pubblico anestetizzato, ridotto ad allevamento intensivo di sguardi preordinati, predigeriti, e soprattutto ossessivamente innocui. Dovrebbe dirompere sugli schermi in tutta la sua divertita eppur dolcissima forza, Love Lies Bleeding, e invece con ogni probabilità sparirà ben presto, lasciando dietro di sé qualche vago pensiero in una sostanza che sembra non poter più mutare. Il cinema s’è fatto levigato, ripulito, privo di sbavature, anche quando ama auto-definirsi osé e/o di rottura, come ad esempio nel già dimenticato – e inoffensivo al limite dell’irritante – Una donna promettente di Emerald Fennell, o nella denuncia di Anche io di Maria Schrader, che non sa gonfiare la propria immagine oltre i confini del piccolo schermo. Un femminile che ha trovato il modo di emergere senza increspare minimamente le acque, senza operare alcuna cesura di sguardo, di senso, di reale visione delle cose. Mainstream prevedibile, carne da macello dell’industria da portare in una tavola sempre più imbellettata ad arte.

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Anche e forse proprio per questo si auspica che una minima parte del pubblico dormiente/intubato ritrovi una sorta di risveglio sensorial-cognitivo grazie al film di Glass, che rifiuta in blocco le prassi del contemporaneo preferendo cucirsi addosso un abito fatto di recuperi del passato, quando l’indipendenza statunitense o supposta tale colpiva di fioretto i fianchi di Hollywood costringendo la Mecca del cinema suo malgrado a riassestarsi su detriti non sempre piacevoli, e di certo poco levigati per agevolare la seduta. Non è certo casuale se di quando in quando durante la visione di Love Lies Bleeding tornino alla mente furibondi erotismi lisergici da Cuore selvaggio, o se la messa in scena della piccola di una cittadina insulsa del New Mexico riporti a galla le memorie di un Fargo o di un’Arizona Junior, con quell’utilizzo del che non può non essersi abbeverato alla fonte dei fratelli Coen. Quasi a chiudere un ideale cerchio lynchano c’è persino un poveretto che passa a miglior vita anche per le testate date a un tavolino, occhieggiando forse alla sublime morte di Andy/Michael Massee in Strade perdute. Una riappropriazione per niente indebita di immaginario, che non poteva forse che venire da una regista britannica, lontana dalle preordinazioni produttive di un cinema statunitense sempre più asfittico, angosciante nella sua soffocata possibilità d’espressione, nel limite del panorama dello sguardo. che Glass non possiede, sprofondando addirittura verso il cartoonistico – la delirante sequenza della prova muscolare di Jackie in quel di Las Vegas, per esempio – senza preoccupazione alcuna, e tirando in ballo molti dei temi portanti della discussione odierna, dalla violenza sulla donna fino all’autodeterminazione sessuale (“il corpo è mio e lo pompo di steroidi quanto voglio” sembra gridare Jackie a ogni pie’ sospinto), senza però accettarne i dogmi filosofici, e le facile scappatoie logiche.

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Tutto questo lo si deve com’è ovvio alla regia e alla di Glass – in questa seconda veste accompagnata dalla penna della polacca Weronika Tofilska –, al suo gusto estetico, al deflagrare progressivo della messa in scena e all’abbandono di qualsivoglia cordone ombelicale col realismo, ma anche e soprattutto alla sorprendente alchimia che prende corpo letteralmente in scena tra il corpo scultoreo di Katy O’Brian – è lei Jackie, che fa tappa in New Mexico col di raggiungere Las Vegas e il campionato di bodybuilding – e la fragilità forse solo apparente di una splendida Kristen Stewart, che quando trova le parti a lei più congeniali (e quindi lontane dallo stereotipo del femminile) dimostra di possedere la stoffa della grande attrice. Glass si incolla a loro due, crede alla storia d’amore tra la palestrata e colei che la palestra la gestisce per conto del padre criminale – un sulfureo Ed Harris, valore aggiunto come tutto il cast di contorno, da Dave Franco a Jena Malone –, sa come essere brutale tanto nella rappresentazione della violenza quanto in quella del sesso, e inserisce questa dolcissima parentesi rosa in un contesto abominevole (di nuovo torna preponderante la lezione di Lynch), stralunato, fuori da ogni possibile controllo, dove il gigantesco può non essere mostruoso. Quel che ne viene fuori è un lavoro prezioso, sulla cui trama è opportuno non dilungarsi in modo eccessivo, e che concilia con una contemporaneità altrimenti anodina, e inutile. Un viaggio nel cuore dell’America, un salto indietro e avanti nel tempo, che ha ancora fede nei liquami corporei, nel putridume del sublime, e dunque in ultima istanza nel cinema, figura immaterialmente materica che gronda umori dagli occhi. D’altronde l’amore giace sanguinante (questa la traduzione letterale di Love Lies Bleeding), ancora oggi, nonostante tutto.

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By Anam

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